Salute

Trapianto di testa, perché non c'è stato (e forse non ci sarà mai)

Periodicamente si torna a parlare di presunti trasferimenti di testa tra cadaveri. Si tratta in realtà di un'operazione senza senso e, oggi come in futuro, praticamente impossibile.

Di tanto in tanto capita di vedere online titoloni su presunti trapianti di testa. Uno, a fine 2017, è stato annunciato dal neurochirurgo italiano Sergio Canavero durante una conferenza stampa a Vienna: l'operazione sarebbe stata effettuata in Cina su due cadaveri - la testa di uno e il corpo di un altro - che un equipe di chirurghi cinesi avrebbe "assemblato" connettendo colonna vertebrale, nervi e vasi sanguigni, durante un'operazione lunga 18 ore.

A ben vedere un intervento su due cadaveri non è - tecnicamente - un trapianto. E dunque non è corretto parlare di trapianto di testa. Ma anche a voler sorvolare su questo aspetto, i contorni della vicenda sono molto fumosi, come avviene sempre quando è coinvolto il controverso neurochirurgo italiano.

Canavero, infatti, non ha aggiunto dettagli per chiarire, per esempio, se i cadaveri avessero subito prima l'asportazione degli organi o se, durante l'intervento, siano stati utilizzati sistemi di supporto. Ha detto che il prossimo passo sarà eseguire la procedura su un paziente vivente, paralizzato dalla testa in giù.

Ma ammesso che di "successo" si possa parlare, quando i pazienti arrivano sul tavolo operatorio già morti, è possibile che questo intervento abbia, in un certo senso, funzionato? E in un lontano futuro, un trapianto totale di corpo potrà mai essere un'opzione?

Frankenstein senza risveglio. Degli annunci di Canavero - e dei loro limiti - ne avevamo già parlato in passato qui e qui. Che cosa c'è di diverso rispetto a qualche anno fa?

Ben poco, come spiega Dean Burnett, neuroscienziato e giornalista, sul Guardian, «forse la procedura adottata è stata una buona dimostrazione di come "attaccare" nervi e vasi sanguigni su larga scala, ma con ciò? È solo l'inizio di ciò che serve perché un corpo funzioni. Puoi assemblare due metà di auto diverse e definirlo un successo, se vuoi, ma nel momento in cui giri la chiave e il tutto esplode, la maggior parte delle persone avrebbe qualche difficoltà a sostenere che è stata una brillante idea».

Il metodo scientifico vorrebbe poi che una simile, rivoluzionaria svolta fosse pubblicata su una rivista in peer-review, e condivisa con i colleghi chirurghi, prima di essere diffusa, senza dettagli, a mezzo stampa.

Perché è così difficile trapiantare una testa? Dal punto di vista strettamente medico, il trapianto totale di corpo presenta almeno tre grandi, invalicabili criticità: le migliaia di nervi contenuti nei due monconi del midollo spinale, la temperatura del cervello e il problema del rigetto.

Se alcuni organi, come il cuore, sono relativamente facili da trapiantare (perché "basta" connettere un numero limitato di vasi), altri sono praticamente impossibili da trasferire da un corpo a un altro.

Uno di questi è il midollo spinale: perché possa tornare funzionante ci sono milioni di connessioni neurali che andrebbero ripristinate, e finora non è mai stato possibile un trapianto simile.

Sarebbe un'impresa monumentale: soltanto nel 2017 siamo riusciti, con estrema pazienza e difficoltà, a trapiantare una mano in modo che i nervi funzionino bene abbastanza da garantire una funzionalità decente. Altri successi in fatto di trapianti, come quello di volto, di pene, di utero, hanno richiesto decenni di tentativi e sono già considerati rivoluzionari.

I punti critici dell’intervento. 1 Al freddo. Le teste di donatore e ricevente vengono bloccate con uno stabilizzatore cranico. Il cervello del ricevente viene raffreddato a 15 °C.; 2 Pelle e muscoli. Sulla parte anteriore del collo di entrambi vengono sezionate la pelle e i muscoli (etichettati con colori diversi per facilitare la riconnessione); 3 Verso l’interno. È poi la volta dei nervi cranici, della trachea e dell’esofago; 4 Vene e arterie. Vengono sezionate e clampate (chiuse con un morsetto) le arterie che irrorano il cervello e le vene (che riportano il sangue dalla testa al cuore); 5 Nel midollo. Infine vengono recise le vertebre e, con una lama ultrasottile, il midollo. È la parte più critica. La testa del ricevente è trasferita sul corpo del donatore e tutte le parti riconnesse.

La versione di Canavero. Come spiegava nel 2016 Chiara Palmerini su Focus (versione cartacea), Canavero argomenta che il segreto per superare questa impasse sta nel modo in cui il midollo viene reciso: se il taglio è preciso, chirurgico, il danno alle fibre nervose sarebbe molto più semplice da riparare rispetto alle lesioni prodotte da traumi e incidenti, e il midollo andrebbe incontro a una sorta di auto-guarigione.

Ci sono in realtà alcuni casi che suggeriscono che questa teoria possa avere qualche fondamento, per esempio quello di un paziente paralizzato che ha ripreso a camminare dopo avere avuto il midollo quasi del tutto reciso da una coltellata. Ma sono casi rari, e ben lontani dalla descrizione del trapianto di testa.

Il secondo elemento chiave del piano di Canavero sarebbe l’utilizzo di sostanze che favoriscono la fusione delle cellule nervose, prerequisito essenziale per ricreare la connessione del midollo. Quella che farebbe il miracolo si chiama glicole polietilenico, in sigla Peg, un materiale in forma di gel utilizzato nella bioingegneria, ma anche nel restauro (il legno del vascello svedese Vasa, recuperato dai fondali marini, è stato consolidato proprio con questa sostanza).

Canavero dice di aver già eseguito con successo un trapianto di testa su ratti e scimmie, ma anche queste affermazioni sono discutibili: il primate non si è mai risvegliato dall'operazione, ed è stato lasciato attaccato alle macchine che lo tenevano in vita per 20 ore, "per ragioni etiche".

Valery Spiridov, uno dei volontari che si sono offerti per il trapianto di testa. Ne avevamo già parlato in questa notizia. © Maxim Zmeyev/Reuters

Minuti contati. Il secondo non trascurabile dettaglio riguarda il cervello, che inizia a degradarsi e morire dopo pochissimi minuti senza ossigenazione, riportando danni permanenti. Anche raffreddandolo il più possibile, lo si potrebbe tenere in vita abbastanza a lungo da avere il tempo di ricucire con pazienza le milioni di connessioni neurali di cui sopra? Probabilmente no, e ogni danno cerebrale annullerebbe l'utilità di un trapianto totale di corpo (almeno prima il cervello funzionava).

Chi è costui? Infine c'è poi l'enorme problema del rigetto psicologico. A differenza dei trapianti di organi interni, quelli di parti visibili come il volto, le mani o il pene presentano altissime probabilità di rifiuto psicologico da parte del paziente, che pure ne sentiva la necessità.

Il successo del primo trapianto di pene è stato in parte offuscato dalle richieste del paziente di rimuovere i nuovi genitali, che sentiva di non riconoscere. Avviene spesso anche con le mani - con i pazienti che si trovano a preferire protesi visibilmente finte ad appendici appartenute a qualcun altro. Figuratevi la sensazione di avere addosso un intero corpo (morto) di uno sconosciuto. Che dire poi dei farmaci antirigetto presi per evitare che un corpo appena arrivato rigetti il "vecchio" cervello? Chi sarebbe a quel punto il legittimo proprietario?

L'idea dei trapianti totali di corpo evoca inquietanti scenari in cui cervelli sempre più vecchi e narcisisti potranno cambiare il "sotto", e andarsene in giro con corpi giovani e scattanti. Ma a quanto pare, non serve preoccuparsene: difficilmente ci arriveremo.

21 novembre 2017 Elisabetta Intini
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