Salute

Terapia anti-cancro a base di cellule immunitarie

I risultati ottenuti in pazienti affetti da leucemia linfoblastica acuta sono stati giudicati "straordinari". Una linea di ricerca cui stanno dando un importante contributo medici e scienziati italiani.

Cellule del sistema immunitario armate per combattere il cancro: quest’idea – su cui si sta lavorando da tempo – sta finalmente dando risultati giudicati “straordinari” dai ricercatori che li hanno annunciati. In alcune centinaia di pazienti terminali affetti da leucemia linfoblastica acuta (LLA) si sono avute percentuali di “risposta completa” alla terapia superiori anche al 90 per cento. Sono numeri che quasi mai è possibile sentire nei trattamenti per i tumori, in cui i progressi si misurano in miglioramenti per pochi pazienti, e quasi mai per quelli con la malattia ormai in fase avanzata coinvolti nelle sperimentazioni cliniche.

Eventi rari. La notizia è rimbalzata dal congresso annuale dell’American Association for the Advancement of Science (AAAS), che si è appena concluso a Washington, e in cui una sessione è stata dedicata all’argomento della lotta al cancro con l’uso delle terapie a base di linfociti. A presentare i progressi era presente anche Chiara Bonini, a capo della Divisione di Ematologia sperimentale al San Raffaele di Milano, che da tempo lavora a questo filone di ricerca. «Effettivamente è una rivoluzione, un tasso di risposta che non si era mai visto” conferma a Focus.it, appena rientrata da Washington.

Le cellule di un paziente affetto da leucemia linfoblastica acuta attaccate dai linfociti T.

Cellule armate contro i tumori. All’idea di combattere il cancro sfruttando il sistema immunitario, in particolare i linfociti T, le cellule che normalmente riconoscono le minacce costituite da virus o cellule maligne e le neutralizzano mantenendo nel tempo la memoria della risposta agli attacchi, non è nuova.

Quello che i ricercatori da tempo studiano di fare è come restituire ai linfociti T, che quando il tumore si è sviluppato l’hanno persa, la capacità di individuare e attaccare le cellule tumorali.

Finora, però, non si era trovato il modo di far funzionare bene questa strategia, e la ricerca verteva su quali sottotipi di linfociti T scegliere, e a quale antigene, cioè a quale molecola, mirare sul target costituito dalle cellule tumorali. Il grosso dei progressi dal punto di vista clinico è avvenuto negli ultimi due anni negli Stati Uniti, dove sono ormai alcune centinaia i pazienti trattati in diversi centri, in studi clinici di fase 1 e 2 (quelle iniziali).

Un linfocita T al microscopio.

Linfociti T ingegnerizzati. La terapia utilizzata in questo caso è a base di linfociti T modificati con tecniche di ingegneria genetica in modo da esprimere un recettore che a sua volta riconosce un antigene presente sulle cellule maligne nei pazienti affetti da leucemia linfoblastica acuta. Si chiamano in gergo linfociti T CAR (Chimeric antigen receptors). È un sottotipo di cellule selezionato per svolgere al meglio questo compito, e che sembra ora dare risultati concreti.

«È un approccio che ha risvegliato l’interesse da parte dell’industria, che è sempre stata scettica nei confronti delle terapie cellulari» prosegue Bonini. «Al San Raffaele stiamo lavorando a un approccio simile ma alternativo, e siamo vicini all'inizio della sperimentazione clinica. Il prossimo passo sarà riuscire ad applicare questa strategia ad altri tumori, dalle leucemie mieloidi ai tumori solidi».

vaccinati contro il cancro. La speranza di queste terapie è che non solo eliminino momentaneamente il tumore, ma mantengano a lungo, potenzialmente per tutta la vita, l’immunità: che una volta guariti dal tumore, insomma, la malattia non si ripresenti, nello stesso modo in cui una volta preso il morbillo (o vaccinati contro il morbillo) siamo protetti per tutta la vita.

16 febbraio 2016 Chiara Palmerini
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