Chi sogna una folta chioma ma si ritrova stempiato, farebbe di tutto pur di tenere in testa i pochi capelli rimasti. Potrebbe però non essere la migliore strategia: secondo uno studio dell'Università della California del Sud, strappare i capelli secondo una precisa configurazione può stimolare la crescita di nuovi peli, grazie alla risposta dei follicoli al "trauma" subito.
Non coltivarli. Strappali! La ricerca pubblicata su Cell, e condotta per il momento soltanto sui topi, potrebbe dare nuove speranze a chi è affetto da calvizie o da alopecia, cioè la perdita di capelli localizzata o diffusa.
I ricercatori hanno dimostrato che strappando con attenzione 200 peli da un'area molto ristretta del dorso di un topo, è possibile stimolare la ricrescita di un numero di capelli fino a 6 volte superiore: 1200, ossia - tolti i capelli strappati - 5 volte maggiore dell'inizio.
pronto intervento. Alla base del processo ci sarebbe la risposta immunitaria alla privazione subita. Dopo lo strappo i follicoli piliferi, cioè le strutture cellulari dalle quali ha origine il pelo, secernono proteine infiammatorie che causano la chiamata in loco di cellule immunitarie; queste a loro volta comunicano ai follicoli vicini che è ora di far crescere nuovi capelli.
vicini è meglio. «Abbiamo scoperto come i capelli comunicano in fase di stress» dice Philip Murray, coautore del paper. Ma strapparsi capelli a caso non risolverà i vostri problemi di calvizie. La rigenerazione sembrerebbe infatti legata alla specifica configurazione dello strappo.
Quando i ricercatori hanno tolto i peli da un'area di 6 mm della schiena del topo, la ricrescita non ha funzionato. Ma depilando superfici circolari di 3-5 mm di area, sono ricresciuti dai 450 ai 1300 nuovi peli.
gioco di squadra. I follicoli infatti non sembrano rispondere individualmente, ma comunicano con i follicoli vicini. Se quelli danneggiati si trovano a distanze eccessive, la risposta immunitaria è meno coordinata ed efficace. Niente risposta, niente capelli, e il sacrificio dei peli iniziali sarà stato vano. La ricerca, ancora agli inizi, potrebbe fornire nuove opportunità nel campo della medicina rigenerativa.