9 settembre 2020, ore 11: aggiornamento. In una lettera aperta agli autori dello studio sul vaccino russo Sputnik V, a firma di Enrico Bucci, Professore associato di Biologia dei sistemi complessi alla Temple University (USA), e di una nutrita schiera di ricercatori, si esprime perplessità sui dati pubblicati su Lancet (vedi l'articolo qui sotto) che in diversi punti appaiono quanto meno improbabili. Per esempio, i livelli di anticorpi rilevati in diversi volontari coinvolti risultano identici; mancano i dati numerici originali di tutti gli esperimenti (che consentirebbero di riprodurre le analisi in altri laboratori e di confrontare i risultati con quelli presentati nello studio); e non sono state specificate le caratteristiche dei pazienti convalescenti da covid usati come gruppo di controllo per la valutazione degli anticorpi sviluppati dai soggetti vaccinati. Da studi precedenti sappiamo che è possibile che anche pazienti guariti da covid presentino livelli molto bassi di anticorpi neutralizzanti (per cui sarebbe molto facile dire che un vaccino sperimentale induce una risposta migliore): quanti giorni erano trascorsi dalla guarigione del gruppo di controllo? Dov'è stato raccolto il plasma usato nel confronto? Dal canto suo la rivista Lancet ha fatto sapere di voler incoraggiare il dibattito scientifico sugli articoli pubblicati: il confronto e le successive correzioni sono alla base del progresso nella scienza. Link alla lettera aperta.
Qui sotto il nostro articolo originale, del 7 settembre: Sputnik V, pubblicati i dati di fase 1 sul vaccino russo
Lo Sputnik V, il vaccino russo anti covid, induce una produzione di anticorpi contro il coronavirus SARS-CoV-2 a fronte di trascurabili effetti collaterali. Un articolo pubblicato sulla rivista Lancet fornisce i primi dati scientifici sul controverso vaccino presentato da Vladimir Putin lo scorso agosto, e registrato come sicuro ancora prima di aver superato le necessarie sperimentazioni. Lo studio non è che all'inizio dei test che ogni candidato vaccino deve superare, prima di essere giudicato efficace e sicuro: vediamo che cosa è emerso dalla ricerca, che nonostante le premesse non manca di rigore scientifico.
Una piattaforma collaudata. La scelta del Gamaleya Research Institute, l'istituto di ricerca pubblico di Mosca che si sta occupando dello sviluppo dello Sputnik V, è ricaduta su un vaccino a base di adenovirus modificati già testato contro la MERS (la Middle East respiratory syndrome, un'altra infezione da coronavirus). L'adenovirus è un comune virus del raffreddore, in questo caso geneticamente modificato per non moltiplicarsi nell'organismo e non causare malattie. Serve da vettore per introdurre nell'organismo il codice genetico della chiave proteica che il SARS-CoV-2 usa per accedere alle cellule che infetta, la proteina "spike".
Molte altre compagnie farmaceutiche, come la britannica AstraZeneca e la cinese CanSino Biologicals, stanno testando preparati anti-covid a base di adenovirus, concentrandosi ognuna su un diverso ceppo virale. La particolarità del vaccino russo ribattezzato Sputnik V è quella di basarsi su due tipi di adenovirus, somministrati in due riprese. I 40 volontari coinvolti nello studio hanno inizialmente ricevuto un'iniezione di adenovirus Ad26, con un richiamo, tre settimane dopo, di un altro adenovirus, l'Ad5. La speranza è di "allenare" il sistema immunitario a rispondere alla proteina spike, in modo che possa montare una risposta adeguata se dovesse entrare a contatto con il virus.


I risultati. Nello studio, un trial di Fase 1/2, 40 volontari hanno ricevuto le due dosi del vaccino. Nessuno, in questa prima sperimentazione, ha assunto un placebo. Il preparato è stato tollerato senza grossi effetti collaterali, ma questa non è una sorpresa: la sicurezza di entrambi gli adenovirus utilizzati era già emersa in altri studi su diverse infezioni da prevenire.
I soggetti vaccinati hanno prodotto elevate quantità di anticorpi in grado di legarsi alla proteina spike - le stesse quantità presenti nel plasma convalescente - ma modeste quantità di anticorpi neutralizzanti e di cellule T rispetto ai candidati vaccini di AstraZeneca e Moderna, i due più avanti nella sperimentazione. Gli anticorpi sono proteine che si legano al virus, impediscono che attacchi l'organismo e lo segnalano alle cellule immunitarie; le cellule T sono un gruppo di globuli bianchi della famiglia dei linfociti capaci di riconoscere e distruggere le cellule infette.
Come sottolinea il New York Times, l'articolo sul Lancet racconta una conclusione diversa da quella che si legge nel comunicato stampa del Gamaleya Institute, che afferma invece che «gli anticorpi neutralizzanti nei volontari vaccinati con lo Sputnik V erano 1,4-1,5 volte più elevati di quelli dei pazienti guariti da CoViD-19. Al contrario, nei suoi trial clinici la compagnia farmaceutica britannica AstraZeneca ha trovato che i livelli di anticorpi nei suoi volontari erano virtualmente uguali a quelli di coloro che erano reduci da coronavirus». Non è chiaro perché articolo e comunicato riportino due versioni diverse.
La strada è ancora lunga. In ogni caso è prematuro comparare gli effetti dei diversi vaccini, perché ogni gruppo di lavoro usa metodi diversi per misurare gli anticorpi, e mancano standard di riferimento internazionali sull'efficacia e la tenuta degli anticorpi prodotti. L'articolo sul Lancet descrive la situazione immunitaria dei volontari a un mese dall'immunizzazione e non dice nulla sulla protezione del vaccino dall'infezione da SARS-CoV-2, perché non era questo il suo obiettivo.
Gli studi di Fase 1 servono soltanto a escludere effetti collaterali e accertare la presenza di una risposta immunitaria, ma per capire se lo Sputnik V sia all'altezza delle promesse occorrerà aspettare i risultati dei trial di Fase 3, che dovrebbero coinvolgere decine di migliaia di volontari esposti al virus. Purtroppo, il vaccino russo è stato oggetto di politicizzazione prima ancora che iniziassero a uscire informazioni sulla sua utilità.