Roma, 30 ott. (AdnKronos Salute) - Sono chiamati tumori rari, ma complessivamente rappresentano oltre il 20% di tutti i nuovi casi di tumore, con circa 85.000 diagnosi l'anno. Attualmente sono almeno 600.000 gli italiani che convivono con una delle circa 200 forme clinicamente distinte di tumori rari. In Italia manca uno specifico riconoscimento di queste patologie, con conseguenti difficoltà a prendere provvedimenti specifici che li riguardino. Inoltre manca ancora un sistema di accreditamento di Centri di riferimento con specifico expertise tali da favorire l'appropriatezza della diagnosi e della terapia.
L'anno prossimo verranno attivate in Europa delle vere e proprie Reti di riferimento sui tumori rari. I criteri con cui questo accadrà sono ancora in gran parte da definire. Sarebbe importante, innanzitutto, che ve ne sia almeno una per ciascuna famiglia di tumori rari, che corrisponde sempre a comunità di medici, pazienti, istituzioni che se ne occupano. È questa la richiesta rivolta al Governo da Integruppo parlamentare malattie rare, Favo - Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia e società scientifiche in oncologia che hanno messo a punto un documento congiunto presentato oggi a Roma nel corso di un incontro, che è stato realizzato con il supporto di Novartis.
"Lo scorso settembre - afferma Paola Binetti, presidente Intergruppo Malattie Rare - la commissione Affari sociali della Camera ha approvato all'unanimità una risoluzione sulle malattie rare che faceva seguito a un'indagine conoscitiva svolta nei mesi precedenti su queste patologie tra gli obiettivi principali della risoluzione c'è la richiesta al Governo di facilitare la creazione dei nuovi Centri di riferimento a livello europeo per le malattie rare. In questo quadro vorremmo proporre di crearne specificamente dedicate ai tumori rari, che coinvolgano Centri di ricerca di altissimo profilo, ma che offrano anche un adeguato servizio ai pazienti e alle Associazioni da essi costituite".
"Una patologia oncologica rara implica decisioni cliniche maggiormente a rischio di inappropriatezza - afferma Francesco De Lorenzo, presidente Favo - è una complessità che impatta sia sull'organizzazione dell'assistenza che sulla ricerca clinica. Tutti questi pazienti si devono confrontare con la difficoltà a vedere garantito il necessario 'expertise' diagnostico e terapeutico, ricevere diagnosi e terapie adeguate e, nello scenario migliore, sono costretti ad affrontare gli oneri e i disagi di una migrazione sanitaria".
In Italia sono già attive le reti dell'Associazione italiana di ematologia e oncologia pediatrica (Aieop) e del Gruppo italiano delle malattie ematologiche dell'adulto (Gimema) che sostengono da anni la ricerca clinica, rispettivamente, nei tumori pediatrici e nei tumori ematologici, e contribuiscono a mantenere una buona qualità di cura tra centri di riferimento.
Per quanto riguarda i tumori rari solidi dell'adulto, dal 1997 la Rete tumori rari opera per migliorare la qualità di cura e diminuire la migrazione sanitaria attraverso la condivisione a distanza di singoli casi clinici. La Rete, mai istituzionalizzata, era inserita negli Obiettivi di carattere prioritario dalla Conferenza Stato-Regioni nei due anni scorsi, ma non più a partire da quest'anno. E' quindi urgente che venga attivato un nuovo progetto, che conduca definitivamente la Rete Tumori Rari a costituire una risorsa permanente del Sistema sanitario nazionale.
Lo sviluppo di reti dedicate che facilitino la condivisione delle esperienze cliniche appare l’unica soluzione in grado di garantire che l'expertise richiesto possa raggiungere un elevato numero di pazienti. Un'altra criticità che interessa i tumori rari riguarda la difficoltà, legata ai piccoli numeri, di condurre studi clinici e quindi difficoltà a generare evidenze scientifiche. Anche per questo le reti sono fondamentali.
Nel documento presentato oggi si chiede inoltre di avviare un percorso che conduca alla definizione di criteri per l’accreditamento di Centri di riferimento per i tumori rari, raccordandone l’azione all’interno delle reti collaborative, così da massimizzarne l'efficacia; costituire un gruppo di lavoro per sostenere ed ottimizzare la Rete tumori rari, facendo sì che il numero di casi seguiti possa aumentare. Inoltre, si chiede di rendere possibile con immediatezza l’accesso per i malati di tumore raro all’uso cosiddetto 'compassionevole' dei farmaci attraverso l’aggiornamento del relativo decreto.