Uno studio su dieci bambini positivi al COVID-19 svolto in Cina aggiunge nuovi elementi al quadro, ancora fumoso, degli effetti del coronavirus SARS-CoV-2 sulla fetta più giovane della popolazione. La ricerca pubblicata su Nature Medicine, conferma sia che i sintomi dell'infezione in età pediatrica sembrano essere più blandi, sia la persistenza del virus nelle feci e non solo nelle vie respiratorie.
minore incidenza, Sintomi lievi. I ricercatori della Guangzhou Medical University, in Cina, hanno analizzato campioni nasofaringei e rettali di 745 bambini e 3.174 adulti che avevano avuto contatti ravvicinati con soggetti con COVID-19. Dieci bambini (1,3%) e 111 adulti (3.5%) sono risultati positivi al virus. Quando i piccoli sono stati ricoverati in ospedale, 7 avevano la febbre (ma nessuno oltre i 39 °C), 5 tossivano, 4 avevano male alla gola, 2 una rinite con congestione nasale e 3 la diarrea. Nessuno aveva i sintomi debilitanti accusati dagli adulti, come letargia, dolore muscolare, difficoltà respiratorie, disorientamento. Nessuna delle loro famiglie si era preoccupata a tal punto da contattare l'ospedale: la positività era emersa soltanto grazie allo screening.
Nessuno dei bambini ha sviluppato polmonite, il sintomo che negli adulti definisce il quadro clinico da COVID-19: gli scarsi segni di opacità polmonare rivelate dalle lastre al torace risultavano isolati e poco marcati. Tutti i piccoli pazienti hanno ricevuto una terapia antivirale e sono guariti, senza bisogno di supporto respiratorio o terapia intensiva.
Una potente via di contagio. I medici hanno monitorato costantemente l'escrezione del virus (l'eliminazione delle particelle virali da parte dei soggetti infetti) con una serie di tamponi a naso, gola e retto. Gli 8 bambini che sono risultati positivi subito dopo la comparsa dei sintomi mostravano tracce del coronavirus anche nei tamponi rettali. E sempre 8 pazienti hanno continuato ad avere test rettali positivi al SARS-CoV-2 anche alla fine della malattia, quando ormai i tamponi nasofaringei risultavano negativi. In alcuni casi, la presenza del virus nei tamponi rettali è stata riscontrata anche dopo diversi giorni dalle dimissioni.
Lo studio sembra suggerire che l'escrezione del virus attraverso l'apparato digerente possa essere maggiore e durare più a lungo di quella dal tratto respiratorio. Per questa ragione, il coronavirus SARS-CoV-2 potrebbe trasmettersi anche per via oro-fecale, cioè attraverso il contatto con le feci di una persona malata, come avviene per altri coronavirus noti e come ipotizzato in precedenza. Se l'ipotesi fosse confermata, i tamponi rettali potrebbero rivelarsi ancora più efficaci nel segnalare la definitiva scomparsa del virus dall'organismo.