Salute

Si può stabilire un limite massimo della vita umana?

Uno studio statistico del 2016 indicava che 115 anni è più o meno il massimo che possiamo sperare di vivere. Ora cinque diversi studi lo confutano: se c'è un tetto, è più alto, e forse neppure c'è.

La durata dell'esistenza umana si è già espressa al massimo delle sue potenzialità? Di recente, uno studio pubblicato su Nature aveva asserito di sì: il limite di vita massimo raggiungibile avrebbe toccato un tetto negli anni '90, e salvo alcune felici eccezioni, la media degli ultracentenari si situa, stabile, attorno alle 115 candeline.

Ora però cinque diversi studi fanno scricchiolare le conclusioni della ricerca di Jan Vijg, il genetista dell'Albert Einstein College of Medicine di New York che aveva firmato il paper originale (ne avevamo scritto qui). Secondo i nuovi lavori - sempre pubblicati su Nature - non esiste un limite obbligatorio ed evidente alla durata massima della vita umana, e anche se ci fosse, sarebbe in media ben più alto di 115 anni.

Un tetto non c'è. Per Jim Vaupel, esperto di invecchiamento presso il Max Planck Institute for Demographic Research in Germania, «i dati indicano che non c'è un limite delineato. Al momento le evidenze scientifiche sembrano suggerire che, se di limite si può parlare, questo si situa oltre i 120 anni, forse anche di più, o forse non esiste affatto un limite».

La ricerca originale. Vijg si era rifatto all'International Database on Longevity, un archivio con la lista delle persone più longeve morte in ogni dato anno, per concludere che la massima età di morte riportata era cresciuta rapidamente tra gli anni '70 e '90, per poi raggiungere una sorta di tetto (o stagnazione di crescita) attorno al 1995, situandosi a 114,9 anni.

Errori di calcolo. Ma le analisi dei dati di Vijg sembrano riportare problemi statistici: il presunto tetto sarebbe in poche parole frutto di calcoli errati basati su interpretazioni "visive" delle curve di longevità, su esempi particolari e outlier (si definiscono così le eccezioni che falsano i risultati), nonché su conclusioni arbitrarie e circolari. Qualunque serie di dati, se segmentati - in questo caso negli anni che precedono e seguono il 1995 - presentano tetti o "discese", nonostante un trend di crescita globale.

Conclusioni deboli. Il fatto che al grande pubblico piaccia avere un numero come riferimento avrebbe determinato il successo dello studio, come polemicamente afferma Siegfried Hekimi della McGill University di Montreal, tra gli autori degli ultimi lavori. Del resto, si difende Vijg, gli studi sugli ultracentenari si basano per definizione su pochi, sparuti casi particolari. Non è da tutti arrivare a spegnere così tante candeline.

Chi può saperlo? Anche se il dibattito è ben lontano da una soluzione, i nuovi lavori sembrano smentire l'esistenza di un timer che stabilisca un tetto massimo alla durata dell'esistenza.

L'invecchiamento sembra essere più imprevedibile di quanto si credesse.

30 giugno 2017 Elisabetta Intini
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