Quest’anno ricorre il centenario dell’influenza più letale della storia recente. La Spagnola, tra il 1918 e il 1920, uccise secondo le stime oltre 100 milioni di persone: all’epoca erano il 5 per cento degli abitanti del pianeta.
Virus mutanti. Che cosa accadde quella volta? Il virus dell’influenza cambia leggermente ogni anno, e le piccole mutazioni nelle proteine sulla sua superficie non vengono riconosciute dai nostri anticorpi: è il motivo per cui l’influenza colpisce più volte nel corso della vita. Ma ogni tanto capita che le mutazioni cui va incontro il virus siano più importanti, oppure che un nuovo virus emerga dall’ibridazione di due diversi ceppi che hanno infettato uno stesso ospite.
In questo caso, il sistema immunitario delle persone è impreparato: i contagi si diffondono molto più rapidamente e capita che a morire di influenza siano anche persone giovani e sane. Chi sopravvive acquista immunità contro quel virus, che a sua volta diventa uno di quelli “normali” in circolazione nell’influenza stagionale. Fino a quando di nuovo non capita che ne emerga un altro così diverso da poter scatenare una pandemia. Oltre che con la Spagnola, è successo altre volte in passato.
Nel 1510 è documentato il primo caso di quella che si pensa possa essere stata una pandemia di influenza. In tutta Europa si riportano casi di una malattia con febbre, tosse, oppressione al petto. Non sappiamo di quale virus si trattasse e sul numero di morti si possono solo fare speculazioni, ma è probabile che sia trattato di un contagio importante, per l’epoca.
Al 1889-90 si fa risalire la prima pandemia globale, che si diffuse anche grazie ai mezzi di trasporto moderni: treni e navi. I primi casi si verificarono in Russia, a San Pietroburgo, e dopo poco più di due mesi ci fu il picco negli Stati Uniti: morì a causa dell’influenza un milione di persone. Fu probabilmente provocata dal virus H3N8, forse collegato a quello (H3N2) che imperversa ora in diversi paesi europei (Italia esclusa).
Nel 1957-58, quarant’anni dopo la Spagnola, è stata la volta dell’influenza asiatica. In quel caso il virus influenzale che provocò la pandemia era l’H2N2, una ricombinazione (probabilmente avvenuta in un maiale) del virus della Spagnola con un altro virus di influenza aviaria. I morti furono più di un milione: a essere contagiati furono soprattutto i più giovani, nati dopo il 1918, e quindi non dotati di almeno una certa immunità al virus emergente.
Dieci anni dopo, nel 1968-69, si diffuse l’influenza di Hong Kong. I primi casi furono probabilmente in Cina, ma dato il regime di segretezza nel paese le notizie dei contagi apparvero solo quando il virus arrivò a Hong Kong. Anche in questo caso, il virus della pandemia precedente era ormai diventato uno dei “normali” virus in circolazione, ma ne era emerso uno più aggressivo dall’ibridazione con un ceppo presente negli uccelli: è il virus H3N2 che è ancora in circolazione e domina la stagione influenzale attuale in diversi paesi europei.
L’influenza rossa apparve in Russia nel novembre 1977: era un virus del tipo H1N1 praticamente identico a uno già circolato negli anni Cinquanta. Si pensa che il virus sia sfuggito nell’ambiente da esperimenti di laboratorio per un vaccino. Le persone più giovani non avevano alcuna immunità, per cui provocò molti contagi, ma gli effetti non furono gravi.
Il 2009 è stato l’anno dell’influenza suina, provocata da un virus del sottotipo H1N1, che fino quel momento provocava la malattia solo nei maiali. È apparsa per la prima volta in Messico, ma ormai circola regolarmente tra i normali virus influenzali, tanto da essere compreso anche nel vaccino di quest’anno. Le morti in eccesso per la pandemia del 2009 furono 300-400mila.