Diversi animali possono mettere in stasi lo sviluppo dell'embrione per aspettare condizioni più favorevoli al parto e massimizzare le probabilità di sopravvivenza del nascituro e della madre. Lo fanno soprattutto gli insetti, ma pure alcuni mammiferi: esemplare è il caso del wallaby, un piccolo marsupiale australiano capace di concepire un nuovo embrione qualche giorno prima di partorire il cucciolo a termine della gestazione. Il nuovo embrione viene messo in uno stato di quiescienza che dura finché il primo cucciolo non è stato svezzato.
Uno studio pubblicato su Cell dimostra che questa capacità di frenare lo sviluppo embrionale (diapausa) è per certi versi conservata anche nella nostra specie. Che di certo non la sfrutta, ma che serba ancora i meccanismi molecolari per provocarla.
Modelli di embrione. A individuare il meccanismo per controllare la diapausa nelle cellule umane è stato un gruppo di biologi del Max Planck Institute for Molecular Genetics di Berlino e dell'Institute of Molecular Biotechnology (IMBA) dell'Accademia Austriaca delle Scienze di Vienna. Gli scienziati hanno studiato la possibilità della diapausa in modelli di blastocisti - ossia la fase dello sviluppo embrionale che precede l'impianto nell'utero - a base di cellule staminali umane. Questi modelli, chiamati blastoidi, sono un'alternativa etica e accettata agli studi diretti su embrioni umani.
In stand-by. Una caratteristica della diapausa nei mammiferi è che sembra azionabile sempre attorno, e non oltre, lo stadio di blastocisti. Lavorando sui blastoidi, gli scienziati hanno scoperto che quando si inibiva una specifica cascata enzimatica (cioè un sistema costituito da più enzimi che interagiscono tra loro) chiamata mTOR, i mucchietti di cellule entravano in uno stato dormiente simile alla diapausa.
Il percorso mTOR è un importante regolatore della crescita e della progressione dello sviluppo dell'embrione nei topi. «Quando abbiamo trattato le cellule staminali umane e i blastoidi con un inibitore dell'mTOR abbiamo osservato un ritardo nello sviluppo. Questo significa che le cellule umane possono mettere in campo i meccanismi molecolari per creare una risposta simile alla diapausa» spiega Aydan Bulut-Karslioglu del Max Planck.
Utile per la fecondazione assistita? L'uomo potrebbe quindi conservare la capacità di mettere in pausa lo sviluppo embrionale anche se questa non viene effettivamente usata in gravidanza. Potrebbe trattarsi, spiegano i ricercatori, di quel che resta di un processo evolutivo che non utilizziamo più ma di cui abbiamo conservato gli strumenti di base e che potrebbe essere sfruttato nella medicina riproduttiva:
per esempio, «indurre uno stato di latenza nell'embrione durante una procedura di fecondazione in vitro potrebbe fornire una più ampia finestra di tempo per valutare la salute dell'embrione e per sincronizzarla con quella della madre per un migliore impianto nell'utero».