Due farmaci per uso locale adoperati per alleviare alcune malattie cutanee hanno mostrato di avere un importante effetto collaterale: insegnerebbero alle cellule staminali del cervello adulto a contrastare il meccanismo di degenerazione cellulare all'origine della sclerosi multipla.
I due principi attivi, uno usato per curare una comune forma di micosi nota come piede d'alteta, e l'altro impiegato contro l'eczema, stimolerebbero le cellule staminali di cervello e midollo spinale a rigenerare il rivestimento protettivo attorno ai neuroni - la mielina - danneggiato dalla malattia. Lo studio condotto per ora su un modello animale, è appena stato pubblicato su Nature.
Guaina protettiva. La sclerosi multipla, la seconda patologia neurologica per incidenza nei giovani adulti, è una malattia neurodegenerativa demielinizzante: implica, cioè, la perdita di mielina intorno alle cellule nervose del cervello e del midollo spinale, a causa di un'alterazione della risposta del sistema immunitario.
Comunicazioni difficili. La mancanza di mielina danneggia la trasmissione del segnale nervoso tra neuroni, compromettendo le funzionalità motorie e sensoriali di chi ne è affetto. Le attuali terapie prevedono di rallentare la distruzione della mielina da parte del sistema immunitario, ma i ricercatori della Case Western Reserve University, in Ohio, hanno tentato un approccio diverso.
Dall'interno. «Sappiamo che esistono cellule staminali nel sistema nervoso adulto capaci di riparare i danni causati dalla sclerosi multipla, ma fino ad oggi non si sapeva come spingerle ad agire», commenta Paul Tesar, tra gli autori dello studio.
«Finora, per rimpiazzare le cellule danneggiate, ci si è concentrati sul trapianto diretto di tessuti derivati da cellule staminali per la medicina rigenerativa. Noi ci siamo chiesti se non potessimo trovare un approccio più veloce e meno invasivo, usando farmaci per attivare le cellule staminali già presenti nel sistema nervoso, e fare in modo che producano nuova mielina. Il nostro obiettivo è accrescere la capacità del corpo umano di autoripararsi.»
prove su larga scala. Nel 2011, Tesar e colleghi sono riusciti a riprodurre in laboratorio grandi quantità di un tipo di cellula staminale chiamata progenitrice degli oligodendrociti (OPC), normalmente presente solo nel cervello e nel midollo spinale, e quindi particolarmente difficile da studiare. Usando le più moderne tecniche di visualizzazione al microscopio, i ricercatori hanno testato 727 farmaci già conosciuti e usati sui pazienti sulle cellule in questione, per capire se qualcuno di essi potesse spingere le OPC a produrre mielina.
Una bella sorpresa. Due principi attivi, il miconazolo e il clobetasolo (il primo usato nel trattamento di infezioni micotiche, e il secondo per sopprimere disturbi dermatologici come eczema e psoriasi) si sono dimostrati efficaci nello stimolare la produzione del rivestimento neuronale.
Nessuna delle due classi di farmaci era mai stata utilizzata nel trattamento della sclerosi multipla; eppure, quando sono stati somministrati sistematicamente a topi affetti dalla malattia, hanno causato entrambi un deciso miglioramento dei sintomi.
Segnali positivi. «C'è stata una decisa inversione nella gravità della malattia», affermano gli autori dello studio. Questo, nei topi: l'impatto sull'uomo non potrà essere accertato prima dei trial clinici, ma i ricercatori non nascondono un cauto ottimismo. Oltre ai test sulle cellule animali, i ricercatori hanno infatti effettuato prove anche su cellule staminali umane, e i miglioramenti sono stati analoghi a quelli osservati su OPC di topo (con il miconazolo leggermente più efficace).
Cautela necessaria. Versioni ottimizzate dei due principi attivi potrebbero forse essere testate in futuro anche su pazienti umani. E anche se l'approccio è promettente i ricercatori mettono in guardia dal provare a somministrare i farmaci a pazienti affetti da sclerosi multipla.
«L'uso non convenzionale, ossia al di fuori dell'etichetta, di questi farmaci porterebbe più probabilmente a problemi di salute, piuttosto che a benefici», mette in guardia Tesar: «stiamo lavorando senza sosta a una versione sicura ed efficace per l'utilizzo clinico.» C'è ancora molto da fare: oltre ad adattare i farmaci a un'assunzione interna e non topica, occorrerà verificarne efficacia ed eventuali effetti collaterali non considerati.