Il SARS-CoV-2 aveva già le carte in regola per essere altamente contagioso quando passò dai pipistrelli all'uomo. Secondo una nuova ricerca che scava nelle origini del patogeno, il coronavirus della CoViD-19 era già assai trasmissibile quando iniziò a infettare la nostra specie: un fatto per certi versi sorprendente perché di solito, dopo un salto di specie, i virus impiegano qualche tempo ad accumulare adattamenti che facilitino la loro diffusione. E molte volte non ci riescono, finendo per causare solo piccole epidemie localizzate.
Diffusione incontrastata. Lo studio pubblicato su PLOS Biology - una collaborazione internazionale coordinata dal MRC-University of Glasgow Centre for Virus Research - ha ripercorso le tracce dell'evoluzione virale visibili nei profili genetici del SARS-CoV-2 e confermato che nei primi 11 mesi di pandemia non si sono osservati cambiamenti genetici rivoluzionari nell'RNA del coronavirus.
Questo non significa che non ci siano state mutazioni: piccoli cambiamenti di scarso significato evolutivo avvengono di continuo e alcuni, come la mutazione D614G sulla proteina spike che facilita la trasmissibilità del virus, si sono mantenuti. Ma nel complesso, nella prima fase, si è trattato di processi evolutivi neutri, non degni di nota e non preoccupanti.
Non c'era bisogno di grandi trasformazioni perché il virus aveva già una vasta platea di organismi altamente suscettibili da parassitare, l'immunità di popolazione era inestistente e non c'era praticamente alcuna forma di contenimento. «Tutto questo ha portato a una crescita esponenziale in cui praticamente ogni virus risultava vincitore», spiega Oscar MacLean, primo autore dello studio.
Già pronto. La natura "generalista" del SARS-CoV-2, capace di infettare sia l'uomo sia altri mammiferi con grande facilità, deve quindi essersi evoluta prima del passaggio all'uomo - forse direttamente nei pipistrelli, ipotizza lo studio. Dal confronto tra il nuovo coronavirus e i Sarbecovirus (il sottogenere di Coronaviridae che circolano in pipistrelli e pangolini, a cui appartiene anche SARS-CoV-2) è emerso infatti che alcuni cambiamenti significativi ci sono stati, ma prima che il patogeno attaccasse l'uomo. Forse, senza neanche bisogno di un ospite intermedio di cui finora non sono state trovate tracce.
Come spiega un altro coautore, Spyros Lytras, «uno dei virus dei pipistrelli più strettamente imparentato, il RmYN02, ha un'interessante struttura genomica, composta sia da segmenti simili al SARS-CoV-2 sia da pezzi riconducibili a virus dei pipistrelli. Il suo materiale genetico mostra le firme caratteristiche di entrambi e supporta l'ipotesi che questo cambiamento di ritmo evolutivo sia avvenuto nei pipistrelli senza bisogno di specie animali intermedie».
Cambio di passo. Le cose sono cambiate alla fine del 2020 con l'emergere di diverse varianti virali, più contagiose e più resistenti agli anticorpi. Secondo gli scienziati questa trasformazione è avvenuta perché il profilo immunologico della popolazione è cambiato: è insomma sempre più probabile che il SARS-CoV-2 incontri persone già guarite dall'infezione e con una qualche forma di immunità pregressa. Questa resistenza crea una pressione selettiva su nuove varianti capaci di aggirare la risposta dell'ospite.
Un'accelerazione che non deve sfuggire: il virus si sta progressivamente allontanando dal profilo che aveva a inizio 2020 e se fino a poco tempo fa la sfida era trovare vaccini efficaci, ora è somministrarli nel più breve tempo possibile, per non dare modo al SARS-CoV-2 di trovare altre scappatoie.