Milano, 16 set. (AdnKronos Salute) - Si trova in un Comune di 8.000 abitanti a circa 60 chilometri da Torino una realtà pioniera in Italia per la cura dei pazienti con demenze. E' il 'Rifugio Carlo Alberto' di Luserna San Giovanni, che da 15 anni dedica quasi l'80% dei posti disponibili ai malati di Alzheimer e altre demenze. L'esperienza della struttura è stata citata come esempio virtuoso da Gabriella Salvini Porro, presidente della Federazione Alzheimer Italia, oggi a Milano durante il convegno 'Ricordati di me'. Il Carlo Alberto ha infatti vinto l'Efid Award, bandito da un gruppo di fondazioni europee e rivolto a progetti innovativi volti a migliorare la qualità di vita degli anziani con demenza.
"Si tratta di un riconoscimento al lavoro svolto negli scorsi anni, in particolare tutti i servizi che nel tempo sono stati creati per la demenza", spiega Marcello Galetti, responsabile di struttura, a AdnKronos Salute a margine del convegno. Nel 2000 il rifugio - originariamente una casa di riposo per anziani non autosufficienti e oggi un centro convenzionato con l'Asl e specializzato nell'assistenza di malati con demenza - ha affiancato all'attività principale un centro diurno per malati di Alzheimer. Un paio di anni dopo è nato un nucleo residenziale specifico per chi soffre di demenza. "Abbiamo pensato che gestire un anziano non autosufficiente e una persona demente, non necessariamente anziana, sono due cose ben diverse - chiarisce Galetti - Per questo abbiamo creato un reparto diverso". Oggi i nuclei dedicati ai malati sono due, uno per la gestione dei disturbi del comportamento, l'altro per la fase avanzata di non autosufficienza. "Abbiamo deciso di dividerli perché anche in questo caso si tratta di due lavori diversi: uno molto più fisico, l'altro più relazionale", conclude Galetti.
"Il caso del Carlo Alberto è unico in Italia e mi ha interessata moltissimo proprio perché è un modo diverso di approcciare il malato, di considerarlo come un soggetto attivo", commenta a margine del convegno Salvini Porro, evidenziando come si tratti dell'applicazione delle Dementia-friendly community proposte proprio dalla Fondazione Alzheimer Italia per permettere una migliore interazione tra i malati e le proprie comunità (intese come famiglie, città o quartieri). Secondo i dati del Rapporto mondiale Alzheimer 2015, redatti dall'Alzheimer 's Disease International (Adi) e ricordati oggi al convegno milanese organizzato dalla Fondazione Alzheimer Italia in collaborazione con Unamsi (Unione nazionale medico scientifica di informazione) e Fondazione Golgi Cenci, nel mondo ci sono 46,8 milioni di persone affette da demenza e il numero è destinato a raddoppiare ogni 20 anni.
In Italia i malati sono oltre 1.2 mln e entro il 2050 arriveranno a 2.3 mln.
Durante il convegno, Marco Trabucchi, presidente dell'Associazione italiana di psicogeriatria, ha evidenziato l'importanza di costruire 'città solidali', cioè "comunità amiche, che mettano queste persone al centro, non in termini retorici". Tentare cioè di rendere meno complicate le giornate dei malati di Alzheimer, aiutandoli nei compiti quotidiani, dalla spesa all'attraversamento della strada. Per ottenere questi risultati è necessario combattere lo stigma ancora associato a questa malattia e sensibilizzare le persone. Per Trabucchi, che è ordinario di Neuropsicofarmacologia all'università Tor Vergata di Roma e direttore scientifico del gruppo di ricerca geriatrica di Brescia, è meglio sperimentare un'atmosfera rilassata attorno al malato in centri medio-piccoli dove è più facile il rapporto diretto tra gli abitanti. "L'impegno collettivo in Italia per la malattia di Alzheimer non è sufficiente ma sta crescendo. Negli ultimi 10 anni c'è stato un cambiamento radicale - sostiene Trabucchi - Io non sono pessimista sul futuro. Certo c'è ancora molto da fare, ma non è solo questione di denaro e investimenti, per quanto questi siano importanti. Soprattutto, è una questione di coinvolgere la comunità".