Roma, 26 mag. (AdnKronos Salute) - Gli attacchi a ospedali e centri d'emergenza nel mondo hanno causato la morte di 959 operatori sanitari e 1.561 feriti in 19 paesi che vivono una situazione di instabilità. Più del 50% degli attacchi è stato rivolto contro strutture sanitarie, il 25% direttamente contro gli operatori sanitari. La Siria (38%), la Cisgiordania e la striscia di Gaza (9%) , l'Iraq (7%) , il Pakistan (7%), la Libia (6%) sono i Paesi che hanno fatto registrare la maggior parte degli attacchi, in totale 594. Sono i dati raccolti dal report 'Attacks on health care' (2014-2015) dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms).
Per quanto riguarda i decessi, la Siria (352), il Pakistan (102) e l'Iraq (114) sono gli Stati dove sono stati uccisi più operatori sanitari. Il 63% degli attacchi è stato diretto a ospedali, centri di cure primarie e strutture da campo, il 26% ha coinvolto direttamente medici e infermieri. Secondo il report, è stato accertato che il 62% degli attacchi è stato intenzionale.
I dati disponibili non sono stati aggregati per tipo di attacco a causa della mancanza di uno standard uniforme di classificazione, ma gli esperti dell'Oms hanno evidenziato che le violenze nei confronti di ospedali e operatori hanno riguardato bombardamenti, esplosioni, saccheggi, rapine e la chiusura forzata delle strutture. Spesso i medici e gli infermieri sono stati costretti con la forza o sotto minaccia ad agire contro la proprio volontà, e sottoposti a torture, esecuzioni e vessazioni.