Roma, 2 dic. (AdnKronos Salute) - L'Italia ha un livello di speranza di vita tra i più elevati in Europa - al primo posto con 80,3 anni per gli uomini e al terzo per le donne con 85,2 - e la longevità continua ad aumentare. E l'indice composito di salute, che incorpora gli indicatori della speranza di vita (alla nascita, in buona salute alla nascita, senza limitazioni nelle attività a 65 anni) e dello stato fisico e psicologico, si attesta a 102,6 nel 2013, in miglioramento dal 97,6 del 2009. Lo rivela l'Istat nella terza edizione del Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (Bes 2015).
La mortalità infantile scende ancora - siamo a 30 decessi ogni 10 mila nati vivi - come pure la mortalità per incidenti da mezzi di trasporto dei giovani - 0,8 vittime ogni 10 mila residenti - e quella per tumori maligni tra gli adulti (8,9 decessi per 10 mila residenti). Migliorano, rispetto al 2005, anche le condizioni di salute fisica, e prosegue la riduzione di fumatori e di consumatori di alcol a rischio.
Fra le criticità, non migliora la qualità della sopravvivenza e peggiora il benessere psicologico. Si conferma il trend crescente della mortalità per demenze e delle malattie del sistema nervoso tra gli anziani (27,3 decessi per 10mila abitanti), soprattutto tra i grandi anziani. Il carico assistenziale che queste patologie comportano sulle famiglie e sui servizi socio-sanitari si riflette negativamente sulla qualità della vita, non solo dei malati, ma anche dei loro familiari.
Sono ancora diffusi stili di vita non virtuosi come la sedentarietà, che riguarda quattro persone su 10, l'eccesso di peso (più di 4 su 10), e un non adeguato consumo di frutta e verdura (più di 8 persone su 10). Le donne, da sempre in vantaggio per la sopravvivenza, hanno una maggiore propensione alla prevenzione e stili di vita più salutari ma spesso sono penalizzate da patologie che comportano limitazioni nelle attività svolte abitualmente. Nel tempo queste differenze fra i generi si sono ridotte, anche per il progressivo incremento di anni mediamente vissuti dagli uomini.
Sono invece in crescita le differenze territoriali, con il Mezzogiorno che vede aumentare, anche per effetto della crisi, il proprio svantaggio nella speranza di vita (81,5 anni per il Mezzogiorno contro 82,5 anni per il Nord), nella qualità della vita (55,4 anni di speranza di vita in buona salute per il Mezzogiorno contro 60 anni per il Nord), nella mortalità infantile, nella salute fisica e psicologica e nei fattori di rischio legati agli stili di vita (sedentarietà, eccesso di peso e scorrette abitudini alimentari).
Si mantengono marcate anche le disuguaglianze sociali negli stili di vita: le persone con titolo di studio più alto, a parità di età godono di migliori condizioni di salute fisica e mentale e adottano generalmente comportamenti più salutari.