Damasco, 31 mar. (Adnkronos Salute/Aki) - Lo Stato Islamico (Is) ha vietato ai medici per legge di praticare parti cesarei nell'autoproclamato Califfato, in quanto considerata una tradizione importata dall'Occidente e quindi non legittimata dall'Islam. Se costretti a farlo, i medici dell'Is dovranno applicare alla partoriente una tassa di 15mila lire siriane, pari a due mesi di stipendio di un lavoratore medio in Siria. Chi non rispetta la nuova legislazione in materia verrà giudicato dai tribunali islamici e sarà sottoposto a una punizione severa. Una regola, quella inserita dai jihadisti, mirata a dissuadere gli ospedali siriani a eseguire parti cesarei di routine.
E' crescente l'opposizione dei religiosi islamici agli sviluppi in campo ginecologico e in particolare all'assistenza che può essere fornita a una partoriente per alleviare i dolori del travaglio e del parto. Secondo l'Is, l'aumento dei parti cesarei in Medioriente è visto come parte di un complotto occidentale contro le madri musulmane.
Anche il teologo saudita Sheikh Muhammad ibn Salih al Uthaymeen aveva stabilito che le madri musulmane non necessitassero di assistenza e di antidolorifici durante il parto. Sul suo sito Internet è pubblicato un suo intervento a proposito della chirurgia applicata al parto, ovvero al ''parto cesareo'' che lui ha definito come ''un complotto contro i musulmani, perché più nascite avvengono in questo modo, più la pelle dell'addome è indebolita e la gravidanza diventa più pericolosa per la donna, che così non può più restate incinta''.
I leader dello Stato Islamico stanno cercando di costruire un proprio sistema sanitario, facendo anche appello ai medici di tutto il mondo a recarsi in Siria e in Iraq per far parte delle loro equipe. All'inizio dell'anno l'Is ha annunciato l'apertura della Facoltà di Medicina di Raqqa, nel nord della Siria, dove si tiene un corso di laura triennale secondo il cosiddetto 'curriculum islamico'.