Salute

Sanità: esperti, no ad accorpamento Regina Elena Roma con Spallanzani

'Non si tocchi Istituto tumori capitolino, autogol politica sanitaria regionale'

Roma, 26 giu. (AdnKronos Salute) - No all'accorpamento dei due Irccs pubblici del Lazio, lo Spallanzani e il Regina Elena di Roma, dove si curano i pazienti e si fa ricerca, nel primo sulle malattie infettive, nel secondo contro il cancro. No alla cancellazione dell'unico Istituto tumori capitolino, punto di riferimento per tutto il centro-sud Italia, che nell'accorpamento rischia di essere 'fagocitato'. E' la presa di posizione che si è levata dal convegno sul "Futuro degli Irccs nel Lazio", organizzato dalla Fp Cgil sanità al ministero della Salute a Roma, in difesa del "necessario carattere monotematico" delle due strutture, ognuna d'eccellenza nel suo campo.

La Regione Lazio ha infatti deciso di accorpare gli Istituti Regina Elena e San Gallicano (Ire-Ifo) con lo Spallanzani, nonostante la normativa nazionale sugli Irccs non preveda questa possibilità.

"Nel Lazio è necessario realizzare quanto prima un modello di gestione agile che garantisca l’assoluta autonomia dei due Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) pubblici - sottolinea Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’istituto Lazzaro Spallanzani - Lo Spallanzani concentra il livello più alto di esperienze, competenze e tecnologie nel trattamento delle malattie infettive, non solo in Italia ma a livello mondiale. Proprio per questo - aggiunge - non deve essere integrato con una struttura a prevalente orientamento oncologico e chirurgico come l’Istituto nazionale tumori Regina Elena". "E' un vero e proprio scempio quello che si sta tentando di perpetrare ai danni del Regina Elena", concorda Raffaele Perrone Donnorso, presidente Anpo (Associazione nazionale primari ospedalieri).

"La politica regionale del Lazio vede per i 2 Irccs - spiega Perrone Donnorso - un processo di accorpamento finalizzato a risolvere le criticità economiche segnalate dallo stesso ministero, che però potrebbe produrre difficoltà nell'attrarre finanziamenti internazionali, con conseguente depauperamento di risorse per la ricerca e un vero smantellamento di prestigiose unità operative che, invece, dovrebbero essere portate a una maggiore attività".

A rischiare maggiormente di essere inghiottito è l'Istituto Regina Elena. "La logica regionale - prosegue - appare in linea con la considerazione di ritenere gli Ifo un semplice ospedale oncologico e non un Irccs. Questa direttiva al puro risparmio, che impone veri e propri paraocchi a coloro che dovrebbero decidere come organizzare al meglio l’assistenza oncologica alla popolazione integrando i percorsi tra eccellenza dell’Irccs con i percorsi della rete - denuncia - non potrà che determinare un vero e proprio 'autogol' nella politica sanitaria regionale".

Inoltre, per l'esperto, "vanno chiarite e superate le incongruenze esistenti nell'atto aziendale che tende a disegnare, attraverso accorpamenti di discipline e vocazioni diverse, una tipologia di organizzazione in controtendenza rispetto agli altri Irccs oncologici presenti in altre Regioni.

Gli Irccs non possono e non devono rappresentare un guazzabuglio di attività, le più disparate fra loro. Dovrebbero avere una struttura amministrativa molto snella, specificamente preparata per questi istituti, con esigenze particolari e diverse da quelle che possono avere aziende sanitarie".

"Gli Irccs - afferma Giovanni Bissoni, subcommissario alla Sanità della Regione Lazio - devono necessariamente assolvere alla funzione per cui sono stati istituiti. E devono essere considerati nodi essenziali delle reti per patologia, ma nella Regione Lazio ancora non è operativa la Rete oncologica perché, pur essendo stati individuati i vari punti che la devono costituire, mancano ancora l’identificazione dei centri 'Hub e Spoke' e anche la connessione tra i centri stessi. Esiste pertanto una frammentazione di attività cui mettere mano affinché si possa parlare di rete regionale".

A difendere la decisione di accorpare i due Irccs è Flori Degrassi, direttore generale della Sanità della Regione Lazio, che richiama l’attenzione ai vincoli di bilancio e al controllo del deficit di questi Istituti. "Prendo atto del vincolo legislativo che al momento preclude l’attuazione dell’accorpamento, idea di cui riconosco e dichiaro la paternità. Auspico inoltre all’interno degli Istituti una maggiore integrazione delle attività e un rapporto sempre più proficuo e stretto con le altre strutture territoriali della Regione Lazio", sottolinea. Essendo sottoposti a piano di rientro e commissariamento, ha fatto presente Degrassi, "la Regione non può, a oggi, riconoscere valorizzazioni economiche per l'attività svolta. Ed è dunque necessario un percorso di grande recupero di efficienza".

"L’Istituto 'Spallanzani' è l'unico Irccs della regione dedicato alle malattie infettive, in grado di coniugare nella stessa struttura assistenza ai pazienti, diagnosi, epidemiologia, ricerca, sanità pubblica e cooperazioni internazionale: ha circa 4.000 pazienti in carico e 6.500 con HIV, seguiti in tutte le fasi della malattia sia intra che extra ospedaliera. E sono circa 3.500 le persone in follow up per epatite B e C - ricorda Ippolito - Solo un modello gestionale agile può garantire tempestività degli interventi, circolazione di mezzi e continua innovazione. Un'eccellenza già dimostrata nell’affrontare eventi epidemici gravi come il virus Ebola. Solo il nostro centro ha una così grande capacità di isolamento per pazienti e materiali biologici, con competenze di laboratorio uniche in Europa. Queste caratteristiche - conclude - non possono essere cancellate solo per ragioni economiche".

26 giugno 2015 ADNKronos
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