Roma, 9 dic. (AdnKronos Salute) - La sfida per il Servizio sanitario nazionale diventa sempre più difficile. Con l’allungamento della vita media continua a crescere la domanda di cure e di assistenza e nel 2030 saranno più di 4 milioni le persone in cattivo stato di salute. E l'Italia si conferma un Paese diviso in due nell’accesso alle prestazioni socio-sanitarie. E' la fotografia scatta dal Rapporto 2015 'Welfare, Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali' di Censis e Unipol, al centro di un convegno domani a Roma. Negli anni della crisi, tra il 2007 e il 2014, la spesa sanitaria pubblica è diminuita del 3,4% in termini reali. E oggi sono meno del 20% gli italiani che affermano di trovare nel welfare pubblico una piena risposta ai loro bisogni.
Più della metà delle famiglie di livello socio-economico basso - sottolinea il rapporto - è convinta che un eventuale aggravio dei costi per il welfare sarà incompatibile con i loro redditi disponibili. L’accesso alle prestazioni socio-sanitarie divide in due l’Italia. Nelle Regioni del Mezzogiorno l’82,8% della popolazione ritiene non adeguate le prestazioni offerte dal servizio regionale, mentre al Nord-Est e al Nord-Ovest la percentuale scende rispettivamente al 34,7% e al 29,7%.
In questo contesto la spesa privata in Italia è invece poco intermediata e molto 'molecolare'. La spesa sanitaria pubblica è pari al 6,8% del Pil del Paese, un valore più basso di quello di Francia (8,6%), Germania (8,4%) e Regno Unito (7,3%). La spesa sanitaria privata ammonta invece al 2% del Pil, un valore inferiore alla media dei Paesi Ocse (2,4%) e al dato di tutti i Paesi europei più avanzati. La quota di spesa privata intermediata da soggetti economici specializzati, come le compagnie assicurative, è pari oggi al 18% del totale della spesa sanitaria privata. Anche prescindendo dal confronto con gli Stati Uniti, che hanno un modello di welfare molto diverso dal nostro (in questo caso sale al 77,7% la quota di spesa intermediata), il dato italiano è molto più contenuto di quello di Francia (67,1%), Germania (44,4%) e Regno Unito (43,6%), e testimonia il carattere 'molecolare' della spesa sanitaria privata italiana.