Roma, 10 giu. (AdnKronos Salute) - Guarire dall'interno le arterie danneggiate evitando le amputazioni degli arti inferiori, nel caso di ischemia critica a carico del sistema circolatorio delle gambe e dei piedi, grazie a palloncini a rilascio di farmaci anti-proliferativi. E' dei punti di forza del Centro di Cardiologia Interventistica del Maria Cecilia Hospital di Ravenna, struttura di GVM Care & Research. Sono quasi 900 gli interventi endovascolari eseguiti ogni anno in fatto d’ischemia critica degli arti inferiori.
Il lavoro del centro ha dimostrato come l’applicazione locale e mirata di farmaci anti-proliferativi con effetto anti-restenosi (in grado di inibire, dove occorre, la proliferazione cellulare e quindi bloccare la ricrescita delle placche che restringono o chiudono il lume dei vasi) rappresenti un’efficace arma di contrasto al ripresentarsi della malattia in oltre il 60% dei pazienti affrontati, specie se diabetici.
Il centro di Cardiologia interventistica del Maria Cecilia Hospital è stato indicato come esempio alla comunità medica internazionale dal Comitato scientifico del congresso EuroPCR di Parigi, evento di cardiologia interventistica, che riunisce ogni anno circa 12 mila specialisti provenienti da tutto il mondo.
"Il Maria Cecilia Hospital - spiega Alberto Cremonesi, responsabile del Centro - è stato l’unico in Italia, insieme ad altri 11 centri internazionali, ad essere scelto nel 2016 per la trasmissione dal vivo di 3 interventi selezionati dal Comitato Scientifico dell’EuroPCR. Una scelta dettata dal riconoscimento del suo valore quale Polo specialistico attivo - a 360 gradi - nella prevenzione, nella diagnosi e nella terapia delle principali patologie cardiovascolari (sindrome coronarica acuta, infarto del miocardio, disfunzioni degli apparati valvolari, malattie del circolo periferico, stenosi della carotide e ictus)".
Maria Cecilia Hospital è stato portato come modello a Parigi anche nell’ambito del trattamento delle patologie arteriose ostruttive in distretti vitali come il cuore ed il cervello che costituiscono, ancora oggi, un problema difficile e controverso. Nei pazienti complessi, la prevenzione dell’ictus cerebrale attraverso l’utilizzo di stent di nuova concezione deve integrarsi con la corretta strategia di rivascolarizzazione coronarica, sia essa interventistica (stent medicati) che chirurgica (by-pass aorto-coronarico).
“L’evoluzione della terapia interventistica nella prevenzione dell’ictus cerebrale – continua Cremonesi - ha fornito un contributo dettato dall’applicazione di protocolli terapeutici che sommano l’impiego di nuove e avanzate tipologie di stent nella risoluzione delle stenosi (restringimenti) della carotide, alle strategie di protezione tese a ridurre le possibili complicanze derivanti dall’impianto dei dispositivi endovascolari. Un mix di fattori che ha indubbie ed importanti ripercussioni sull’esito dell’intervento e sul futuro stato di salute del paziente".