Immagina di avere un problema e di non sapere bene perché e di cosa si tratta. Vivere una malattia senza nome aggiunge sofferenza a una realtà già difficile ed è quello che accade spesso ai pazienti con sindromi genetiche.
Cosa sono le sindromi genetiche
Sono patologie che colpiscono vari organi, tra cui spesso il cuore, e sono causate da una singola mutazione, che modifica il codice genetico provocando a catena una serie di anomalie. Il risultato è di grande portata: la salute e la qualità della vita dei pazienti risultano compromesse.
Perché è così importante diagnosticare la malattia genetica?
Una diagnosi ha un'importante utilità almeno da due punti di vista.
• Psicologicamente: perché si pone fine alla peregrinazione in vari centri, si acquista consapevolezza e si trova una spiegazione ai propri sintomi.
• Praticamente: diagnosi certa significa anche possibilità di ottenere un'esenzione e un riconoscimento di invalidità. Non si tratta tanto di ottenere fondi, ma di vivere una posizione nella società, per esempio accedendo alle graduatorie per i lavori in categoria protetta.
In più, quando la sindrome è diagnosticata, è possibile accedere ai trial clinici e ai database internazionali finalizzati all'impiego di farmaci orfani. L'AIFA definisce in questo modo i medicinali utilizzati per la diagnosi, la prevenzione e il trattamento delle malattie rare (in Europa una malattia è considerata tale quando colpisce non più di 5 persone ogni 10.000 abitanti).
L'impegno dell'IRCCS Policlinico San Donato
Per fornire a questi pazienti una diagnosi si è attivato l'ambulatorio di Genetica Medica del Policlinico San Donato, fortemente voluto dal prof. Carlo Pappone, responsabile dell'unità Aritmologia Clinica e del Laboratorio di Elettrofisiologia, che tra i primi ha introdotto la genetica all'interno della pratica clinica. Il coordinatore, dottor Emanuele Micaglio, ha concepito nel pieno dell'emergenza Covid, il progetto No Diag, che mette in moto un team di collaboratori e complesse tecniche di laboratorio. "Non basta un test genetico per risolvere un caso, specialmente se si tratta di una sindrome genetica" spiega il dottor Micaglio, che con la sua squadra cerca di dare un nome e un cognome a una condizione genetica e di impattare in modo decisivo sulla qualità della vita del paziente e sul decorso della patologia.
La modalità di reclutamento dei pazienti è fondamentale ed è legata alla sinergia tra gli specialisti dell'area cardiovascolare dell'IRCCS Policlinico San Donato, un'eccellenza a livello europeo, soprattutto nell'ambito delle cardiopatie congenite.
Qui arrivano pazienti da tutta Italia, che necessitano di un intervento per correggere la malformazione cardiaca congenita. Quando a questa problematica si accompagnano altre patologie riguardanti organi e sistemi, si tratta probabilmente di pazienti affetti da una sindrome genetica, che possono entrare a far parte del progetto "No Diag".
Il vantaggio della sinergia all'interno del Gruppo San Donato
A volte i pazienti arrivano da altri centri, dove non hanno potuto usufruire di un'indagine genetica. All'IRCCS Policlinico San Donato, invece, la rete di collaborazione riunisce tutti i protagonisti: cardiologi, cardiochirurghi pediatrici, specialisti dei cardiopatici congeniti adulti, medici e tecnici genetisti, che insieme possono identificare i pazienti idonei al progetto. In questo ambito, fondamentale la collaborazione interna al Gruppo San Donato, con l'IRCCS Ospedale San Raffaele, in particolare con l'Unità di Genetica Medica.
Il team
Il progetto "No Diag" è nato grazie alla collaborazione dei seguenti specialisti: Prof. Carlo Pappone, Dott. Emanuele Micaglio, Dott.ssa Sara D'Imperio e Dott.ssa Michelle Monasky (IRCCS Policlinico San Donato), Prof.ssa Monica Miozzo e Dott.ssa Silvia Tabano (Università degli Studi di Milano), Prof. Giorgio Casari (Università Vita-Salute San Raffaele), Dott.ssa Giada Moresco (Policlinico di Milano), Dott.ssa Paola Carrera e Dott.ssa Sara Benedetti (IRCCS Ospedale San Raffaele).
Il test genetico
Il test genetico aiuta a comprendere i motivi della malformazione cardiaca e di tutti gli altri problemi che possono coinvolgere la cataratta, la colonna cervicale, gli arti, il diabete, la tiroide, il fegato e l'apparato riproduttivo. Cosa si scopre con questo test?
• Cosa tenere d'occhio con l'avanzare dell'età;
• Qual è il percorso di cura;
• Quali interventi potrebbero interessare il paziente;
• Quali possibilità ci sono che altri membri della famiglia siano portatori della mutazione.
L'analisi del DNA
Quando il paziente presenta tutti i criteri per partecipare allo studio, vengono arruolati il paziente, la madre e il padre. Dopo il prelievo di sangue si procede con l'estrazione del DNA e l'analisi dell'esoma, la porzione che è associabile alle malattie. Se la persona affetta è solo una, si cercano le differenze dai propri genitori a livello genetico. Se invece è una forma familiare, si cerca di comprendere cosa lo accomuna ai genitori. Si tratta di un'indagine che impegna almeno 4 mesi.
I risultati positivi
Quando la ricerca ha buon esito, il paziente riceve una diagnosi basata sul report di ricerca e sulla clinica.
Il team coordinato dal dottor Micaglio ha dato un nome a sindromi rare, presenti in meno di un caso su 100.000, con un risultato notevole:
- Si pone fine alla ricerca di un riconoscimento clinico;
- Si spiegano tutti i problemi multiorgano;
- Si individuano cure personalizzate.
Il dottor Micaglio ricorda un caso emblematico. "Alla prima paziente arruolata nello studio abbiamo diagnosticato una sindrome rarissima, di cui sono noti solo altri 33 pazienti nel mondo. Lei è la prima in Italia. Dare un nome alla sua malattia è stato come farla rinascere". Sono parole che vanno oltre la professionalità e toccano aspetti di umanità e di attenzione alla collettività. Anche questo fa parte della filosofia del Gruppo San Donato, che pone il paziente al centro di ogni iniziativa.