Roma, 27 gen. (AdnKronos Salute) - Il paziente anziano che sviluppa la demenza è donna, ha una basso livello di scolarità, uno status sociale modesto, uno stile di vita non sano e ha spesso sofferto di malattie vascolari o metaboliche. E' l'identikit del malato di Alzheimer che arriva un lungo studio prospettico condotto da Laura Fratiglioni, direttore dell'Aging Research Center al Karolinska Institutet di Stoccolma, che ne ha parlato oggi alla conferenza internazionale 'Memory in the Disease Brain', organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze.
"Il Kungsholmen Project ha preso in carico la popolazione anziana di un quartiere della capitale svedese: 1.810 soggetti con più di 75 anni arruolati nel 1987 e controllati ogni 3 anni. Il dato più sorprendente è che la scarsa educazione è inversamente proporzionale al rischio di sviluppare una qualche forma di demenza. L'effetto protettiva di un'educazione avanzata può perfino controbilanciare il rischio genetico", assicura l'esperta.
"Il gruppo di persone con un percorso scolastico di due, massimo 7 anni era a maggior rischio di presentare deficit cognitivi già a 65 anni. Questo dato ci suggerisce l'importanza delle prime due decadi di vita nello sviluppo di un cervello ricco di neuroni e dotato di plasticità, ossia la capacità di creare connessioni tra le varie cellule nervose. Un vantaggio che sembra avere effetti a lungo termine".
Comunque, esiste la possibilità di compensare un inizio non vantaggioso nella vita attraverso attività mentalmente complesse nella vita adulta e un coinvolgimento in attività fisiche, mentali e sociali una volta raggiunta l'età anziana. "La capacità di compensare il declino mentale - conferma Mario Maj, direttore del dipartimento di Psichiatria della Seconda Università di Napoli - dipende dalle singole persone, ma per difendere la riserva cerebrale si sono dimostrati efficaci sia l'attività fisica che l'esercizio cognitivo, così come una dieta equilibrata e un'ampia rete di contatti sociali".