Roma, 10 dic. (AdnKronos Salute) - Sorpresa: felicità non corrisponde a longevità. Essere scontenti o stressati non aumenta infatti il rischio di morire. A sfatare una diffusissima credenza è il Million Women Study pubblicato sulla rivista 'The Lancet', un'analisi decennale che evidenzia come gli studi precedenti abbiano solo fatto confusione fra causa ed effetto. L'unica ad avere un impatto negativo duraturo, sostengono gli esperti dell'università di Oxford (Gb) e del South Wales (Australia), è l'infelicità che si prova durante l'infanzia.
Una serie di lavori scientifici effettuati negli scorsi anni ha dimostrato che il 'livello' di felicità delle persone predice fortemente quanto tempo vivranno, principalmente a causa dell'influenza degli ormoni dello stress o del sistema immunitario. Ma il team di ricerca critica, nella nuova analisi, il fatto che quegli studi non siano riusciti a dimostrare una causalità inversa - vale a dire, che le persone malate sono anche infelici. Ai partecipanti al Million Women Study è stato dunque chiesto di valutare regolarmente la loro salute, la felicità e i livelli di stress.
I risultati hanno mostrato che il fatto che le persone si definissero "mai", "di solito" o "per lo più" felici non ha alcun impatto sulle loro probabilità di morire nel corso dello studio, anche prendendo in considerazione altri fattori quali lo stato di salute o se fossero fumatori o meno. Bette Liu, uno dei ricercatori dell'università australiana, spiega sulla Bbc on line: "La malattia rende infelici, ma l'infelicità in sé non fa ammalare. Non abbiamo rilevato alcun effetto diretto di infelicità o stress sulla mortalità, anche in uno studio di 10 anni su un milione di donne". Il co-autore Sir Richard Peto, aggiunge che i fumatori corrono un rischio di mortalità più alto, ma la felicità risulta "irrilevante".
Un qualche effetto, prosegue, si potrebbe avere a livello indiretto e unito a un elevato consumo di alcool o a un'alimentazione eccessiva. Eppure il 'mito' dello stress che uccide "è troppo radicato per estinguersi subito. La gente crede che la tensione provochi attacchi di cuore: non è vero, ma ci si crede". Secondo Philippe de Souto Barreto e Yves Rolland dell'Ospedale dell'Università di Tolosa, in Francia, saranno comunque necessarie "ulteriori ricerche da una prospettiva più ampia, in quanto l'infelicità durante periodi critici come l'infanzia potrebbe avere conseguenze importanti sulla salute in età adulta".