Milano, 9 ott. (AdnKronos Salute) - Mediterranea sì, ma multietcnica. E' l'update della dieta tricolore ai tempi della globalizzazione. Se la taglia XXL non fa più differenze di razza, etnia o colore della pelle, in un'Italia dove secondo i dati Istat gli stranieri residenti sono l'8,3% del totale, anche la piramide alimentare diventa transculturale. E' l''effetto suq'. Una tendenza che ha spinto gli esperti a internazionalizzare le armi contro sovrappeso e obesità e a rivedere in salsa multietnica, appunto, anche il modello alimentare di riferimento del Belpaese: la dieta mediterranea.
Succede nella Milano dell'Expo, all'ospedale San Paolo: gli esperti spiegheranno le nuove strategie per lottare contro i chili di troppo e mantenersi in salute in occasione dell'Obesity Day (10 ottobre). Lunedì 12 ottobre, dalle 10 alle 12.30, un team di psicologi, dietiste e specialisti sarà nell'atrio della struttura, a disposizione di tutti i cittadini per dare informazioni e consigli. Una premessa: il 16 novembre 2010 a Nairobi il Comitato intergovernativo dell'Unesco ha inserito la dieta mediterranea nella lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell'umanità, riconoscendo tale patrimonio appartenere a Italia, Marocco, Grecia e Spagna; 3 anni più tardi lo stesso riconoscimento è stato esteso a Cipro, Croazia, e Portogallo. A questo si aggiunge la trasformazione della società tricolore.
La presenza di una percentuale sempre più alta di stranieri condiziona le scelte nutrizionali dell'intera popolazione, esponendola a una commistione di abitudini alimentari molto variegate. Ciascun popolo porta con sé tradizioni nutrizionali e modalità di alimentazioni differenti. "E' quindi evidente - spiegano gli esperti - che anche l'educazione nutrizionale, storicamente intesa, debba essere rivista alla luce delle diverse abitudini alimentari al fine di garantire sia il soddisfacimento dei bisogni nutrizionali che il rispetto delle esigenze culturali e religiose del popolo di appartenenza".
Queste riflessioni sono state oggetto di studio da parte di alcuni specialisti dell'ospedale che hanno elaborato, per Expo 2015, un nuovo strumento di educazione, la piramide alimentare transculturale. E allora via libera, accanto alla pasta, anche a cous cous, burghul, quinoa, amaranto, teff, sorgo. Fra le verdure entrano per esempio anche le alghe marine, le foglie del baobab, i germogli di bamboo. La varietà di frutti si allarga fino a comprendere anche guava, mango, frutto della passione.
La dieta mediterranea rappresenta un "insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola, includendo colture, raccolta, pesca, conservazione, trasformazione, preparazione e, in particolare, consumo di cibo". E' promotrice, mediante la convivialità, di interazione sociale, essendo il pasto in comune alla base dei costumi sociali.
L'attenzione degli esperti è rivolta anche ai bambini. "I principi della piramide alimentare transculturale per l'età pediatrica sono quelli della dieta mediterranea, integrata da cibi multietnici", spiega Elvira Verduci, ricercatrice del Dipartimento di scienze della salute dell'università degli Studi di Milano, dirigente medico pediatra nell'Unità operativa di Pediatria del San Paolo e consigliere Sip (Società italiana di pediatria). La ricetta? "Elevata assunzione di verdura, legumi, frutta, noci e cerali integrali; consumo di pesce medio alto; elevata assunzione di acidi grassi insaturi (olio di oliva); basso intake di acidi saturi grassi e di prodotti caseari; ridotta assunzione di carne, soprattutto rossa, apporto moderato di sale e attività fisica quotidiana (almeno un'ora al giorno)".