Salute

Salute: 'mal di scuola' per 1 mln di alunni dai 3 ai 18 anni

Il pediatra, in genere i disturbi si superano in 7 giorni

Roma, 14 set. (AdnKronos Salute) - Primo giorno di scuola 'amaro' per molti bambini italiani, specie i più piccini; ma anche i grandicelli possono risentirne. Insonnia, mal di testa, inappetenza, mal di pancia e altri disturbi colpiscono in questi giorni 1 milione di bimbi e ragazzi dai 3 ai 18 anni. "E' il classico 'mal di scuola', che può allarmare i genitori ma si risolve in genere in una settimana. E la gran parte dei fastidi si concentra fra gli alunni impegnati nei cambiamenti di ciclo scolastico, cioè 300 mila bimbi che vanno all'asilo, 300 mila in prima elementare, 150 mila in prima media e 100.000 in prima superiore. Le altre 150 mila 'vittime' del mal di scuola sono spalmate negli anni in cui non c'è cambio di ciclo". E' quanto emerge da un'indagine condotta per l'AdnKronos Salute dal pediatra di Milano Italo Farnetani.

"I disturbi - prosegue l'esperto che ha contattato un gruppo di colleghi in tutta Italia - resistono oltre la settimana per 250 mila bimbi, che in realtà presentano non tanto il mal di scuola quanto un disagio più profondo. In questi casi - suggerisce - sarebbe bene parlarne con il pediatra". Cosa fare allora per attenuare i fastidi dei 'debuttanti'? "Mai ricorrere ai farmaci: meglio parlare, raccontando anche le proprie esperienze, rassicurando il bambino e spiegando che si tratta di una reazione normale".

Ma perché arriva il mal di scuola? "Il primo problema lo pone il dover lasciare la propria casa, la vecchia classe, i punti di riferimento, le abitudini, le sicurezze offerte da un ambiente conosciuto. In più i piccoli si devono separare dai genitori e restare con estranei in un ambiente non familiare".

Il cambiamento "per i bambini, ma anche gli adolescenti, è comunque uno stress. In alcuni casi questo passaggio non crea nessun problema, in altri si possono manifestare veri e propri sintomi clinici. E' importante però che i genitori non vivano con senso di colpa la scelta di mandare il bambino all'asilo nido o alla scuola dell'infanzia - dice Farnetani - Nei primi 3 anni di vita il bambino non avrebbe bisogno di andare all'asilo e frequentare i coetanei, ma è una giusta esigenza della famiglia affidarlo a una struttura specializzata nelle ore in cui a casa non c'è nessuno per motivi di lavoro. Dopo i 3 anni la scuola dell'infanzia risponde a un'esigenza di socializzazione del bambino, che impara a giocare con i coetanei. Affrontare l'inizio della scuola senza complessi di colpa da parte dei genitori - assicura il pediatra - è il primo modo per ridurre l'entità di questi disturbi".

Fra i piccoli la reazione più frequente si presenta con "intense crisi di pianto, che però si possono associare a vomito, enuresi, diminuzione dell'appetito, disturbi del sonno con difficoltà ad addormentarsi la sera, risvegli durante la notte o precoci al mattino. Bisogna capire il disagio dei bambini e agire di conseguenza - suggerisce il medico - Per quelli dell'asilo nido è necessario attenuare il distacco e aiutarli a familiarizzare con il nuovo ambiente. Il metodo classico è che i genitori restino, soprattutto i primi giorni, un po' di tempo all'inizio e alla fine della scuola con i loro bambini. E' utile anche dire al bimbo più grande dove vanno i genitori mentre lui è a scuola".

"Sì alla merenda da casa, scelta o preparata insieme ai figli. E in generale può essere utile lasciare ai bambini più grandicelli un telefonino - dice Farnetani - E' un pezzo di casa in tasca, utile per chiamare i genitori all'intervallo o sapere di poterlo fare. Ai più piccoli si potrà mettere nel grembiulino il numero di telefono dei genitori, spiegandogli che può chiamare in caso di crisi. In conclusione è opportuno usare i metodi più dolci possibili ed evitare impostazioni autoritarie".

Per chi ha figli che vanno in prima elementare, inoltre, ecco una raccomandazione in più: "Non creare eccessive aspettative rispetto ai risultati scolastici dei figli. Questo è sbagliato - conclude il pediatra - perché il bambino potrebbe sentirsi eccessivamente responsabilizzato, con paura, ansia e un eccessivo impegno scolastico: se questo è sbilanciato e non seguono risultati adeguati, si potrebbero creare frustrazione, o il rifiuto della scuola".

14 settembre 2015 ADNKronos
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