Salute

Salute: in 10 anni peggiorata per immigrati regolari, crisi tra cause

Maggiore integrazione 'freno' a trend

Roma, 5 mag. (AdnKronos Salute) - E' nettamente peggiorata, in circa 10 anni, la salute degli immigrati regolari in Italia. Un fenomeno effetto anche della crisi economica. Il confronto tra i dati Istat del 2005 con quelli del 2013 indicano che, se nel passato gli stranieri residenti nel nostro Paese consideravano il loro stato di salute migliore rispetto a quanto percepito dagli italiani, nel tempo le differenze si sono fortemente ridotte per la salute fisica, mentre è aumentata la quota degli stranieri con problemi di salute mentale, soprattutto tra le donne. Una maggiore integrazione, però, sembra essere un 'freno' a questo trend.

E' quanto si evince dai dati Istat delle indagini sulla Salute (2005, 2008, 2013 su 60 mila famiglie e 120 mila individui), insieme alla ricerca 'Condizione e integrazione sociale dei cittadini stranieri', condotta su un campione nazionale di circa 10 mila famiglie con cittadini stranieri residente (per un totale di oltre 20 mila persone), presentate al convegno 'Epidemiologia della salute della popolazione immigrata in Italia', oggi dall'Istituto nazionale migrazioni e povertà (Inmp) e Istat.

I dati 2013 evidenziano che gli stranieri residenti in Italia da oltre 10 anni hanno una probabilità superiore del 20% di dichiarare cattiva salute percepita rispetto a chi risiede in Italia da meno tempo. La crisi economica - dicono i ricercatori - sembra quindi essere in grado di accelerare il processo di assimilazione degli stranieri agli stili di vita delle fasce di popolazione più povere. "Sono aumentati ad esempio, nel tempo - ha spiegato Concetta Mirisola, direttore generale dell'Inmp - gli obesi, tra gli stranieri residenti. E in particolare tra le donne. Ma il fenomeno è più limitato in caso di maggiore integrazione, in particolare negli stranieri che vivono almeno con un italiano in casa". La permanenza in Italia - precisano i ricercatori - determina un rischio superiore specialmente tra gli immigrati più giovani (18‐35 anni di età).

Il rischio è più elevato tra chi si trova in condizioni socio‐economiche più svantaggiate, mentre è più basso per gli stranieri che vivono in famiglia con italiani. Considerando che il fenomeno della immigrazione per motivi economici è un fenomeno recente in Italia, ed essendo noto che al momento dell’arrivo gli immigrati presentano uno stato di salute migliore rispetto a quelli della popolazione residente, tale vantaggio di salute si sta rapidamente esaurendo, suggerendo che la programmazione sanitaria e la prevenzione devono rafforzare politiche orientate all’equità.

Come descrivono i dati Istat, una delle conseguenze della crisi è stata l’accentuazione dei rischi di discriminazione e diseguaglianze soprattutto per gli stranieri.

La discriminazione aumenta il rischio di disturbi mentali (ansia, depressione) e la percezione di una salute mentale compromessa è risultata maggiore del 25% tra gli stranieri vittime di discriminazione. La salute psichica, che risulta influenzata dalla durata della permanenza in Italia, peggiora tra gli immigrati arrivati in Italia da almeno 5 anni.

I dati Istat, analizzati ed elaborati dal punto di vista epidemiologico dall'Inmp, "ci dicono - spiega Mirisola - che quando si arriva in Italia la percezione dello stato di salute è migliore di quella che hanno gli italiani. Con il passare del tempo - con la crisi, le condizioni di lavoro, le abitudini di vita - cresce la sensazione di un peggioramento. Abbiamo registrato anche un incremento dell'obesità e si rileva una minore capacità di prevenzione dei tumori negli stranieri, soprattutto nelle donne". In generale "gli stranieri che arrivano nel nostro Paese, giungono in buone condizioni di salute. Arrivano le persone più forti e i rischi di malattie infettive, di cui spesso si parla, sono pressappoco inesistenti. Ricordiamo che la causa di morte più frequente dei migranti è in mare, in un anno sono annegate 3.800 persone, ed è un dato sotto stimato".

Non a caso, è stato ricordato al convegno, il Mediterraneo è il luogo dove muoiono più migranti: il 70% di tutte le morti sulle rotte migratorie nel mondo. "In un momento come questo, in cui le risorse sono limitate - ha concluso Mirisola - i dati e la chiarezza sulla salute dei migranti sono particolarmente importanti. Poter programmare permette, infatti, di fare scelte di tipo politico sanitario basate su bisogni effettivi".

5 maggio 2016 ADNKronos
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