Milano, 9 dic. (AdnKronos Salute) - Mangiare carne al sangue o non cotta può esporre al rischio di 'superbatteri'. E' l'allarme lanciato nel Regno Unito da un report sull'antibiotico-resistenza commissionato dal Governo, che punta il dito contro i farmaci usati in agricoltura e negli allevamenti, parlando di "minaccia per la salute pubblica". L'accusa mossa al comparto agricolo è infatti quella di aumentare il rischio per gli esseri umani 'pompando' gli animali con gli antibiotici.
Jim O'Neill, ex-presidente della Goldman Sachs e responsabile del rapporto, definisce "sconcertanti" i livelli di antibiotici prescritti in allevamento e agricoltura, che aumentano le minacce per l'uomo. L'economista, riporta la stampa britannica che ha ripreso la notizia, ha chiesto obiettivi globali per ridurre l'uso di queste sostanze, vietando i farmaci che sono più importanti per l'uomo. Il report ha infatti evidenziato che l'aumento degli antibiotici fa crescere anche i ceppi resistenti che potrebbero passare dagli animali all'uomo. Inoltre, questi batteri potrebbero trasmettersi attraverso la catena alimentare, proprio mangiando carne cruda. O'Neill raccomanda di concedersi bistecche al sangue solo se si conosce la provenienza dell'animale.
Oltre la metà degli antibiotici usati nel Regno Unito finisce nell'agricoltura, con farmaci spesso somministrati 'preventivamente' (tranne nel biologico, dove sono vietati). Il responsabile del rapporto afferma che è impossibile quantificare i livelli di rischio del consumo di carne poco cotta o chiarire come preparare ciascun tipo di alimento. "Trovo sconcertante che in molti Paesi la maggior parte del consumo di antibiotici sia negli animali, piuttosto che negli esseri umani - dichiara l'esperto - Questo crea un grande rischio di resistenza per tutti". Il documento suggerisce di seguire l'esempio della Danimarca, che fa poco uso di antibiotici nonostante sia uno dei maggiori esportatori al mondo di maiale.
Laura Piddock, professoressa di microbiologia all'università di Birmingham, sostiene che "negli ultimi 25 anni gli studiosi hanno ripetutamente chiesto una riduzione mondiale degli antibiotici negli animali allevati a scopo alimentare. Purtroppo, i nostri inviti sono caduti nel vuoto". Brendan Wren, docente di patogenesi microbica e preside della facoltà di malattie infettive e tropicali della London School of Hygiene and Tropical Medicine, ribadisce: "Purtroppo molto del nostro cibo, in particolare la carne, può essere contaminata da batteri che sono sempre più resistenti agli antibiotici. I prodotti alimentari crudi devono essere maneggiati con cura e cotti in modo appropriato".
"Per affrontare la minaccia globale posta dalla resistenza agli antibiotici dobbiamo impedirne l'uso non necessario negli animali e ridurre al minimo l'incidenza della malattia che richiederebbe l'uso dei farmaci - ricorda Nigel Gibbens, veterinario capo per il Regno Unito - Questo non solo per ridurre il potenziale rischio per gli esseri umani, ma anche per salvaguardare la salute e il benessere degli animali stessi", che possono sviluppare malattie non trasmissibili all'uomo.
In un rapporto precedente, O'Neill aveva evidenziato che due terzi dei farmaci inglesi fossero prescritti senza una reale necessità.