Negli ultimi giorni potreste aver sentito molto parlare di un articolo sull'idrossiclorochina, un antimalarico di recente testato come possibile trattamento contro il COVID-19. Il paper pubblicato sull'autorevole rivista scientifica Lancet e basato sui dati di migliaia di pazienti in tutto il mondo legava l'utilizzo del farmaco a un rischio più alto di morte e di aritmie cardiache: la notizia, riportata anche da noi, aveva fatto talmente scalpore da spingere l'Organizzazione Mondiale della Sanità a interrompere bruscamente tutte le sperimentazioni su idrossiclorochina e clorochina, un medicinale simile, a tutela della salute dei pazienti.
Da subito si era notato qualcosa di anomalo sia nei dati utilizzati per l'articolo, sia nel "pedigree" della Surgisphere, l'azienda statunitense di analisi di dati medici che aveva fornito il materiale di partenza per questo e altri studi sulla COVID-19. I sospetti sollevati da un'inchiesta del Guardian hanno spinto il Lancet a commissionare un controllo indipendente sulla validità di questi dati, una verifica che ha sollevato la presenza di incongruenze importanti nella raccolta e nel trattamento degli stessi, e che ha convinto l'editor della rivista a ritrattare l'articolo.
Puzza di bruciato. Gli scienziati più attenti hanno individuato nel lavoro macroscopici errori statistici che sarebbero dovuti emergere nel processo di revisione, oltre a gravi falle nei dati utilizzati: lo studio si basava per esempio su 96 mila malati di COVID-19 in 671 ospedali di 6 continenti, più del numero totale di casi di infezione segnalati nei Paesi coinvolti. Nel lavoro erano compresi i dati di molti casi di COVID in Africa all'inizio della pandemia, una circostanza sospetta anche perché pochi ospedali africani hanno a disposizione registri elettronici in grado di trasmettere informazioni sui pazienti a database come quello della Surgisphere. Inoltre diversi ospedali compresi nello studio non avevano mai neanche sentito nominare l'azienda.
gli anticorpi della scienza. Da qui la decisione del Lancet, che ha provocato a cascata la ripresa dei trial sull'idrossiclorochina da parte dell'OMS. Un altro articolo su COVID e salute del cuore basato sullo stesso, contestato database, coordinato dallo stesso autore e pubblicato sul New England Journal of Medicine, ha fatto la stessa fine. La ritrattazione di un paper - è bene precisarlo - fa parte del normale processo di revisione tra pari dei lavori scientifici e non è una circostanza così rara. Il metodo scientifico fa degli errori e delle reciproche correzioni il suo motore di progressivo perfezionamento e la scelta di ritirare un lavoro è anzi indice della serietà della rivista.
La vicenda dà però anche l'idea delle insidie che si nascondono dietro alla pressione a pubblicare, esacerbata dalla pandemia e dalla necessità di trovare una cura alla COVID-19.
Neanche come profilassi. La ritrattazione dell'articolo non equivale a un cambio di vedute sull'efficacia dell'idrossiclorochina nel trattamento della COVID-19, che andrà valutata in studi clinici controllati. Uno studio dell'Università del Minnesota ha oltretutto appena ribadito che il farmaco non è utile nella prevenzione della malattia da coronavirus, con buona pace di Trump, che continua ad esaltarne il presunto effetto protettivo.