Forse pensate che i neonati, quei deliziosi fagottini che sembrano intenti solo a dormire, ciucciare e piangere, non siano troppo coscienti di quanto accade intorno a loro. Vi stupirete di sapere che i loro cervelli sono invece in piena e febbrile attività e che riescono già a cogliere informazioni importanti nel mondo intorno a loro.
Per esempio sono attentissimi a ogni parola che sentono e già a soli due giorni dalla nascita elaborano il suono linguistico con processi tipici dell'adulto. E come ha dimostrato l'equipe della Scuola internazionale superiore di studi avanzati (Sissa) in collaborazione con l'Azienda Ospedaliera di Udine, sono già più sensibili alla parte più importante delle parole, gli estremi, un meccanismo cognitivo più volte osservato negli adulti e nei bambini più grandi.
Più informazioni agli estremi. L'effetto di 'supremazia' degli estremi è ben noto a chi studia la memoria in generale e il linguaggio: quando dobbiamo ricordare e riconoscere delle parole il cervello dà maggior peso all'informazione contenuta all'inizio e alla fine della sequenza di sillabe.
Si tratta infatti di una regola generale nell’analisi del linguaggio: «L'informazione contenuta agli estremi è molto importante - spiega Alissa Ferry ricercatrice della Sissa e primo autore della ricerca pubblicata sulla rivisita 'Developmental Science' - e si riflette in molti fenomeni associati al linguaggio. Per esempio le particelle che nelle parole contengono informazioni, quelle che denotano il genere, il numero, le declinazioni dei sostantivi e dei verbi, sono quasi tutte contenute all’inizio o alla fine delle parole, in tutte le lingue conosciute».
Fin dalla nascita. «È un fenomeno pervasivo e con il nostro studio dimostriamo che è presente già alla nascita - commenta un'altra ricercatrice della Sissa, Ana Flo - erano già stati fatti degli esperimenti con bambini in età prelinguistica, di 7-8 mesi, ma noi siamo andati ancora oltre e abbiamo lavorato con neonati di solo 2-3 giorni di vita».
Il sistema cognitivo codifica meglio la prima e l'ultima sillaba delle parole, dunque. «I neonati hanno ascoltato una sequenza continua di 6 sillabe e sono in grado di distinguerla da un'altra molto simile in cui vengono cambiati gli estremi, mentre lo stesso non avviene quando si spostano le sillabe all’interno della parola», spiega Perrine Brusini, ricercatrice Sissa, fra gli autori dello studio.
Nel linguaggio ci sono tanti segnali che segmentano il discorso in parole diverse, e che potrebbero aiutare a ricordare le parole in discorsi molto lunghi.
«In un'altra serie di esperimenti poi abbiamo cercato di capire se è possibile fare in modo che il cervello dei neonati elabori anche le sillabe all’interno della sequenza», continua Ferry.
«Abbiamo dunque introdotto una piccola discontinuità nelle sequenze, una pausa brevissima, quasi impercettibile anche all’ascolto più attento. Anche se si trattava solo di 25 millisecondi questa pausa divide la parola lunga in due parole corte, e grazie a questo trucco il cervello riusciva a distinguere le parole con le sillabe scambiate al loro interno».
La supremazia degli estremi è dunque presente fin dalla nascita, e si manifesta senza alcuna esperienza o apprendimento da parte del neonato, concludono le ricercatrici della Sissa.
Come si "guarda" nel cervello di un neonato? Come si fa a capire cosa succede nel cervello di un neonato (senza disturbarlo troppo, si intende)? Non è semplice, ma esistono metodologie sperimentali che sfruttano il fenomeno dell'"abituazione". Si usano per i bambini ancora incapaci di parlare: quando viene loro mostrato uno stimolo sempre uguale, ripetitivo, la risposta del cervello a questo stimolo cala rapidamente. Usando spettroscopia a raggi infrarossi (un esame non invasivo) possiamo misurare l'attività cerebrale: «Sapevamo quando una parola suonava diversa al cervello del neonato quando osservavamo un picco di attività cerebrale» ha spiegato Flo.