Roma, 6 nov. (AdnKronos Salute) - E' europea la mano bionica più avanzata del mondo, perché consente di riconoscere ciò che si tocca: si tratta di una protesi che garantisce una sensibilità tale da poter maneggiare un uovo. E' stata completata e viene ora utilizzata dal progetto Nebias dopo 10 anni di ricerca finanziata dall'Unione europea. La mano bionica, impiantata nel 2013 al Policlinico Gemelli di Roma, era stata testata con l'aiuto di Dennis Aabo Sørensen, un paziente amputato che grazie all'avanzatissimo dispositivo è riuscito ad afferrare intuitivamente degli oggetti e addirittura a identificare cosa stava toccando avendo gli occhi bendati. I ricercatori hanno infatti creato una nuova interfaccia neurale per trasferire informazioni sensoriali dalla mano artificiale al cervello.
Questa interfaccia è in grado di collegare il sistema nervoso del paziente ai sensori artificiali incorporati nella protesi, permettendo all'utente di controllare complessi movimenti della mano e delle dita. Sørensen, che ha subìto l'amputazione 10 anni fa, ha raccontato: "Mi hanno dato in mano una palla da baseball e per la prima volta dopo 10 anni ho avuto la sensazione di tenere un oggetto tondo nella mia mano protesica". Per fare in modo che il paziente percepisse la forma dell'oggetto che teneva in mano, i ricercatori hanno dovuto prima sviluppare una neuro-interfaccia selettiva e impiantabile. "Selettiva significa che, per esempio, quando parlo con te in mezzo alla folla, non parlo alla persona seduta vicino a te. In altre parole, gli elettrodi sono interfacciati con alcune aree dei nervi e non con quelle vicine", spiega il coordinatore del progetto, Silvestro Micera della Scuola superiore di Sant'Anna di Pisa. Con il suo team ha migliorato la mano artificiale inserendo sensori che rilevano informazioni sul tatto, le quali sono inviate in tempo reale al paziente, permettendo il controllo naturale della mano.
Il prototipo, ricordano dalla Ue, ha superato le prime prove a pieni voti e ora il prossimo passo consiste nell'identificare 2 o 3 persone per testare le protesi per un paio di anni. Se funzionerà, tra 5 o 6 anni potrà essere avviata la fase finale, che consisterà in una sperimentazione clinica su larga scala per stabilire se le protesi possono essere usate diffusamente. Micera è convinto che le protesi saranno disponibili tra 10 anni.
La ricerca multidisciplinare ha riunito ricercatori di scienze dei materiali, informatica, neuroscienze, microtecnologia biomedica e ingegneria elettronica. Nell'ambito di questi progetti finanziati dall'Ue, scienziati appartenenti a 29 istituti e 7 Paesi dell'Ue - compresa l'Italia che ha avuto un ruolo di primo piano nell'impianto della mano con l'università di Pisa, il Campus BioMedico e il policlinico Gemelli di Roma - e una partecipazione degli Usa, hanno collaborato per raggiungere un unico obiettivo: creare una mano protesica in grado di sentire e muoversi in modo naturale.
Nebias fa parte di un'intensa ricerca multidisciplinare in questo campo, iniziata molti anni fa con Cyberhand, un progetto delle Tecnologie future ed emergenti (Fet) del 5º Pq (2002-2005). Cyberhand era riuscito a mettere a punto una mano meccanica, interfacciarla direttamente con il sistema nervoso in modo da permettere un controllo naturale si era rivelato un compito al di fuori della portata del progetto. Si è quindi tentato di collegare artefatti robotici al sistema nervoso nell'ambito del 6° Pq e del 7° Pq, testando con successo un prototipo di elettrodo senza feedback sensoriale e studiando come impiantare elettrodi nei nervi del paziente. Il problema del feedback sensoriale è stato superato solo recentemente e Nebias - anch'esso un progetto finanziato nell'ambito delle Fet - sta adesso sfruttando pienamente le protesi e sviluppando ulteriormente la tecnologia delle braccia bioniche. Nebias è stato lanciato all'inizio di novembre 2013, avrà una durata di 4 anni e riceve 3,4 milioni di euro dal Settimo programma quadro della Commissione europea.