Roma, 18 feb. (AdnKronos Salute) - Basta il profumo delle madeleine per accendere in Marcel Proust una catena di ricordi intimi e personali, in grado di riempire diversi capitoli della sua 'Recherche'. E davvero ricordare delle volte è come viaggiare indietro nel tempo con la mente, e richiede alcuni stimoli chiave. A gettare nuova luce sul processo cerebrale di elaborazione di ricordi così ricchi di dettagli per quanto riguarda il tempo e il luogo di un'esperienza, è un lavoro pubblicato sul 'Journal of Neuroscience'.
Un team di scienziati della Vanderbilt ha analizzato l'attività cerebrale di persone impegnate in un semplice compito di memoria. I ricercatori hanno scoperto così che si possono utilizzare modelli di attività di una regione specifica del cervello per migliorare sostanzialmente la capacità di prevedere l'ordine in cui i volontari ricordano le informazioni che hanno studiato di recente. "E 'estremamente importante per noi comprendere cosa fanno le diverse regioni del cervello mentre frughiamo nei nostri ricordi", spiega Sean Polyn che ha guidato lo studio. "Malattie come il morbo di Alzheimer e l'epilessia sono devastanti per la memoria, e queste informazioni possono aiutare a sviluppare trattamenti per preservare i ricordi dei pazienti, e anche per identificare effetti negativi che i nuovi psicofarmaci possono avere sulla memoria".
Gli scienziati sanno da tempo che una parte del cervello, chiamata lobo temporale mediale, ha un ruolo centrale nella memoria, ma in che modo la mente controlla la fedeltà di un singolo ricordo? I ricercatori hanno sviluppato un modello ad hoc, in grado di mappare le aree cerebrali e capire quando il semplice ricordo sta diventando un 'viaggio nel tempo', ricco di dettagli.
A fare la differenza è l'attivazione della regione posteriore del lobo temporale mediale, assicurano gli scienziati. Se si 'accende', scatta il viaggio nel tempo. I ricercatori hanno testato il loro modello in un esperimento con 20 partecipanti (sette maschi e 13 femmine) tra i 18 ei 35 anni. Così si è visto che la scansione cerebrale dei volontari alle prese con il ricordo di alcune informazioni poteva permettere, in effetti, di prevedere il grado di accuratezza della memoria rievocata.