Roma, 21 apr. (AdnKronos Salute) - Cattive notizie per gli astronauti. In una ricerca che presenta implicazioni per i voli spaziali, una studiosa dell'Università del Colorado Anschutz Medical Campus ha scoperto che i topolini che avevano viaggiato a bordo della navetta spaziale Atlantis sono tornati sulla Terra con i primi segni di malattia del fegato. "Prima di questo studio non avevamo molte informazioni sugli effetti del volo spaziale sul fegato", sottolinea Karen Jonscher, professore associato di Anestesiologia della CU Anschutz. "Sapevamo che gli astronauti spesso tornano con i sintomi simil-diabete, che di solito però rientrano in fretta".
Ora la prospettiva di danni al fegato degli astronauti solleva nuove preoccupazioni. I topi studiati avevano passato 13,5 giorni a bordo della navetta spaziale. Quando sono rientrati, Jonscher e i suoi colleghi hanno prelevato campioni di fegato. Così, si legge su 'Plos One', hanno scoperto che il volo spaziale attiva cellule del fegato specializzate, che possono indurre cicatrici e causare danni a lungo termine nell'organo.
"Abbiamo visto un inizio di danno epatico dopo soli 13,5 giorni" fra le stelle, ha detto Jonscher. I topi 'spaziali' "hanno perso anche la massa muscolare magra. Abbiamo visto lo stesso fenomeno negli esseri umani tenuti a riposo a letto. I muscoli si atrofizzano e le proteine si scompongono in aminoacidi. La domanda è: come questo influenza il fegato?". Per anni gli scienziati hanno studiato l'impatto del volo spaziale sulla fisiologia umana, ma la maggior parte della ricerca si è concentrata su ossa, muscoli, cervello e funzione cardiovascolare. Eppure alcuni studi suggeriscono che gli astronauti sviluppano sintomi simil-diabete, collegati con microgravità e metabolismo. Ecco perché il fegato, organo principale del metabolismo, appare come un possibile bersaglio per chi viaggia nello spazio. Finora però la possibilità di danni epatici restava una questione aperta.
I topi 'astronauti' al centro dello studio hanno viaggiato in orbita intorno alla Terra sull'ultimo volo dello Space Shuttle nel 2011. Una volta tornati a casa, vari team di scienziati li hanno esaminati. La squadra di Jonscher ha scoperto che il volo spaziale aveva provocato un aumento del deposito di grasso nel fegato, confrontando questi esemplari con altri rimasti a terra. Un fenomeno accompagnato da una perdita di retinolo e da cambiamenti a livelli di geni responsabili del metabolismo dei grassi. Risultato: i topi hanno mostrato segni di malattia del fegato grasso non alcolica e potenziali indicatori precoci di un inizio di fibrosi.
"In genere richiede molto tempo, mesi o anni, indurre la fibrosi nei topi, anche quando seguono una dieta non sana", sottolinea Jonscher.
"Se un animale mostra segni di fibrosi dopo 13 giorni e mezzo" e senza modifiche nella dieta, ci chiediamo cosa "accade agli esseri umani".
Questo risultato è dunque rilevante, anche dal momento che la Nasa pianifica missioni spaziali più impegnative e lunghe. "Se questo sia un problema, è una questione ancora aperta", dice Jonscher. "Abbiamo bisogno di studiare animali coinvolti in voli spaziali più lunghi, per vedere se entrano in gioco meccanismi di compensazione che possono proteggerli da danni più gravi", conclude.