Milano, 18 gen. (AdnKronos Salute) - La marijuana potrebbe ridurre la frequenza dell'emicrania. A rilevarlo uno studio americano pubblicato su 'Pharmacotherapy', che ha trattato con la sostanza 121 persone con mal di testa, 103 delle quali hanno registrato una diminuzione degli attacchi mensili: da una media di 10,4 a 4,6. Il lavoro sarebbe il primo a correlare la cannabis a uso terapeutico con una riduzione della frequenza di emicranie, sostiene il gruppo dell'università del Colorado che lo ha condotto.
"Abbiamo registrato un miglioramento sostanziale nei pazienti - sottolinea Laura Borgelt, autrice principale della ricerca - Come ogni altro farmaco, anche la marijuana ha potenziali effetti positivi e possibili rischi. E' importante che le persone siano consapevoli che usare la cannabis a scopo terapeutico può avere effetti collaterali".
I volontari ai quali era stata diagnosticata l'emicrania sono stati trattati con diversi tipi di marijuana tra gennaio 2010 e settembre 2014, riporta il 'Daily Mail'. Circa i due terzi dei partecipanti avevano già usato la sostanza prima dell'inizio dello studio. Gli scienziati hanno notato che l'inalazione sembrerebbe favorire il trattamento delle emicranie acute. Allo stesso tempo, la cannabis edibile previene il mal di testa.
Anche se la maggior parte dei volontari ha registrato una diminuzione della frequenza, per 15 non è cambiato nulla e 3 hanno mostrato un aumento. Non si conosce ancora in che modo la marijuana attenui l'emicrania, ma gli scienziati sostengono di aver trovato recettori dei cannabinoidi in tutto il corpo, inclusi cervello, tessuti connettivi e sistema immunitario. Questi recettori sembrano avere proprietà antinfiammatorie e antidolorifiche. In più, i cannabinoidi potrebbero anche influenzare neurotrasmettitori importanti come serotonina e dopamina.
"Crediamo che la serotonina abbia un ruolo nell'emicrania, ma stiamo ancora lavorando per scoprire il ruolo esatto dei cannabinoidi in questa condizione", ricorda Borgelt. Mentre l'esperta ha definito i risultati "davvero notevoli", ha anche sottolineato la necessità di ulteriori studi futuri.
Per la scienziata il lavoro ideale richiederebbe la somministrazione di quantità diverse di cannabis medica a differenti concentrazioni, proprio come accade negli studi sulla droga. Tuttavia, Borgelt sottolinea che questi studi non possono essere condotti in questo momento negli Usa a causa delle leggi federali anti-droga.