Roma, 17 ott. (AdnKronos Salute) - Dalle provette e i microscopi dei laboratori alle tele e i reperti conservati nei musei o parchi archeologici. E' il biologo per la tutela dei culturali, una sorta di 'Indiana Jones' senza frusta e cappello, ma in camice bianco: se utilizzato nella difesa e salvaguardia dei tesori, "potrebbe far risparmiare il 30% dei fondi che oggi si spendono per un restauro: perche' è il biologo che puo' valutare ad esempio se un lichene che copre un monumento e' aggressivo o invece aiuta a conservare il reperto. E' in grado di usare una serie di strumenti come la lotta biologica ai batteri che aggrediscono un'opera d'arte", spiega all'Adnkronos Salute Ermanno Calcatelli, presidente dell'Ordine nazionale dei biologi che oggi a Roma ha aperto la II Conferenza nazionale dei beni culturali: 'La biologia per la valorizzazione dei beni culturali: competenze e opportunita''.
"Da anni il biologo avrebbe le carte in regola per operare nel settore dei beni culturali ma ancora ci sono poche opportunita' - prosegue Calcatelli - noi oggi ci crediamo e vogliamo con un Vademecum rilanciare questa figura professionale che puo' essere determinante nel salvare il patrimonio artistico del Paese".
L'Ordine ha promosso da poco tre borse di studio per lavorare negli scavi di Pompei con un protocollo con la Soprintendenza. "Il biologo per i beni culturali - osserva il presidente - non ha ancora avuto un ruolo adeguato negli organici dei musei, Soprintendenze, Archivi e Centri di ricerca, anche se la diagnostica scientifica in questo settore ha visto qualche significativo sviluppo in strutture e laboratori privati”.
C'e' chi invece e' riuscito a farcela. Matteo Montanari, biologo e componente della Commissione beni culturali dell'Onb, si occupa di salvare le reliquie e le opere d'arte dall'attacco di muffe e microrganismi. Con la sua azienda ha effettuato analisi microbiologiche approfondite e non invasive per certificare le condizioni della Carta Costituzionale conservata all'Archivio centrale di Stato a Roma. "Ora sto lavorando - racconta - su progetti di trattamento con malte antivegetative per i parchi archeologici. Poi c'e' un nuovo filone di ricerca per sviluppare prodotti innovativi per la conservazione delle lapidi".
E ancora, "la lotta microbiologica e' un filone che potrebbe aiutare a combattere i nemici invisibili di marmi e stucchi - sottolinea Montanari - usando alcuni organismi coltivati in laboratorio come 'spazzini' per bloccare le sostanza organiche che si vogliono rimuovere".
Tra i relatori del convegno anche la senatrice Fabiola Anitori, biologa e componente della Commissione Sanita' del Senato: "Dobbiamo ricordare che il biologo e il restauratore lavorano in simbiosi, ma il primo agisce anche sulla ricerca di trattamenti che possano aiutare il lavoro di intervento sull'opera d'arte.
Verificandone - conclude - l'efficacia sul campo".