Roma, 23 lug. (AdnKronos Salute) - Una coppia di ballerini di tango deve raggiungere una sincronia perfetta dei movimenti, per non pestarsi i piedi durante la performance. Questo implica non solo la capacità di reagire ai passi del compagno, ma anche di prevederli sulla base di indizi appena percettibili. Tuttavia, non si sapeva ancora con precisione quali fossero i processi cognitivi e le basi neurali che ci permettono di agire in modo coordinato con altri. A questo interrogativo ha risposto un gruppo di ricercatori della Sapienza e della Fondazione Santa Lucia di Roma (Lucia Maria Sacheli, Matteo Candidi e Vanessa Era), coordinati da Salvatore Maria Aglioti.
I risultati dello studio, pubblicato sulla rivista 'Nature Communication', portano a localizzare nel solco intra-parietale anteriore sinistro del cervello la sede del coordinamento che ci permette d'integrare l'azione di un partner nel nostro piano motorio.
Nel corso dello studio i ricercatori hanno chiesto ad alcuni volontari sani di coordinarsi con un compagno virtuale (avatar) per afferrare con la massima sincronia possibile un oggetto a forma di bottiglia, imitando il movimento del compagno, oppure eseguendo un movimento complementare. Nonostante si trattasse di un coordinamento minimale, il paradigma sperimentale ricrea la caratteristica fondamentale di ogni interazione motoria reale vale a dire il coordinamento nel tempo e nello spazio con un partner che si muove di fronte a noi.
Durante l'esperimento i ricercatori hanno inibito la reattività di specifiche aree cerebrali mediante una metodica di stimolazione non invasiva (stimolazione magnetica transcranica). I risultati hanno dimostrato che dopo l'inibizione del solco intra-parietale anteriore (Aips), la capacità di coordinamento interpersonale durante azioni complementari diminuisce sensibilmente. Non si riduce, invece, la capacità d'imitazione dei movimenti osservati nel compagno virtuale, suggerendo che l'interazione complementare richieda risorse cognitive e neurali diverse dall'imitazione.
"L'ulteriore studio dei meccanismi sottesi alle interazioni motorie potrebbe dimostrarsi in futuro utile per contribuire a fare luce su processi d’interazione umana più complessi di quelli motori, come quelli mediati dalla comunicazione verbale e a permettere di comprendere condizioni psicologiche e psichiatriche caratterizzate da difficoltà nella sfera sociale ed affettiva", afferma Matteo Candidi, ricercatore del Dipartimento di psicologia della Sapienza e della fondazione Santa Lucia.