Roma, 5 nov. (AdnKronos Salute) - Scienziati italiani 'cacciatori di sogni'. Uno studio sperimentale dell'Irccs Santa Lucia di Roma sta indagando sulla qualità e quantità del sonno dei pazienti post-comatosi, e i primissimi risultati hanno portato gli 'investigatori' a sospettare un effetto inatteso dei sogni. "Ci ha colpito il caso di una paziente in stato vegetativo, che chiameremo 'Federica': abbiamo rilevato non solo un sonno particolarmente prolungato, ma anche un'attività onirica molto più abbondante del normale. Il sospetto è che si tratti di una strategia del cervello per favorire il recupero dopo il coma". A spiegarlo all'Adnkronos Salute è una dei 'cacciatori di sogni', Maria Gabriella Buzzi, neurologa presso l'Unità post-coma dell'Irccs Santa Lucia.
La Buzzi sta conducendo un progetto sperimentale di ricerca sul sonno nei post-comatosi, insieme a un team di psicologi della stessa Unità e ad Assirem (Associazione scientifica italiana per la ricerca e l'educazione nella medicina del sonno). "Il nostro obiettivo è verificare se, dopo il recupero, il sonno di questa e degli altri pazienti si modifica. In tal caso le caratteristiche insolite già rilevate, ovvero un sonno prolungato e particolarmente ricco di sogni, potrebbero essere una strategia usata dal cervello proprio per favorire il recupero". I disturbi del sonno sono senz'altro una delle conseguenze più importanti - ancora poco studiate - delle gravi cerebro-lesioni acquisite. "Basti pensare che possono persistere per molti anni e che la loro incidenza, secondo alcuni studi, può arrivare fino all'85%" dei pazienti. Stiamo parlando di ipersonnia, narcolessia, ritardi della fase dell'addormentamento, apnee notturne, insonnia e alterazioni del ciclo sonno-veglia.
Una domanda importante, sottolineano i ricercatori, rimane ancora oggi senza risposta: i disturbi del sonno sono un effetto del danno cerebrale, o ne rappresentano un effetto secondario, legato ed esempio alle difficoltà del paziente di adattarsi al danno stesso? Per cercare di rispondere a questo e ad altri quesiti ancora irrisolti, presso l'Unità post-coma della Fondazione Santa Lucia di Roma è in corso lo studio volto a valutare l'incidenza, la percezione soggettiva e la tipologia dei disturbi del sonno in pazienti post-comatosi. Finora sono stati esaminati quattro pazienti. "I risultati preliminari dello studio mostrano un'alterazione della quantità e della qualità del sonno in tutti i pazienti, caratterizzata da frequenti risvegli notturni e da un'alterazione delle diverse fasi del sonno", dice la ricercatrice.
Il caso di 'Federica', la paziente più grave, che ha solo la possibilità di un contatto incostante e debole con l'ambiente, ha colpito gli scienziati: mostra una percentuale del cosiddetto sonno Rem (associato maggiormente all'attività onirica) nettamente superiore a quella che si riscontra normalmente in persone che non hanno mai avuto un danno cerebrale.
Perché il sonno di Federica è così ricco di fase Rem? "Possiamo ipotizzare - aggiunge l'esperta - che Federica passi la maggior parte del suo stato di incoscienza sognando? Secondo le moderne neuroscienze, sia il sonno Rem sia il sogno ad esso associato permetterebbero lo sviluppo e il mantenimento della coscienza dello stato di veglia e di altre funzioni cerebrali superiori, preparandoci dunque ad affrontare la realtà cosciente dopo il risveglio. L'ipotesi dunque è che Federica, mentre sembra trovarsi passivamente vittima del proprio disturbo di coscienza, si stia in realtà preparando a tornare alla vita, alla coscienza da veglia, grazie all'enorme 'lavorio mentale' che il suo cervello sta facendo durante il sonno Rem, e forse grazie ai suoi sogni. Solo con dati più numerosi - avverte la studiosa - potremo verificare le nostre ipotesi".
Ma come è, per una neuroscienziata, il sonno ideale? "E' quello 'del giusto', corredato dal sogno giusto. Penso al sogno di Gioacchino nell'affresco di Giotto, in cui l'uomo è reclinato sullo sfondo di un cielo blu, incredibilmente rilassante, e mentre dorme sogna la sua paternità".