La maggior parte delle persone guarite dalla covid sviluppa un'immunità naturale da future infezioni paragonabile a quella stimolata dai vaccini, almeno per i primi cinque mesi. Lo confermano i dati intermedi dello studio SIREN (SARS-CoV-2 Immunity and Reinfection Evaluation) condotto su 20.000 lavoratori sanitari britannici, l'analisi più completa svolta finora sul tema delle reinfezioni (anche asintomatiche).
Gli anticorpi sviluppati in seguito a un periodo di positività alla covid offrono una protezione dell'83% da una seconda infezione per 20 settimane, il periodo di tempo considerato nello studio. Tuttavia, è comunque possibile che queste persone acquisiscano il virus in modo asintomatico in naso e gola, e lo trasmettano inconsapevolmente ad altri che sono ancora senza difese.
Monitoraggio continuo. Public Health England (PHE), l'agenzia governativa per la salute britannica, ha reclutato personale sanitario da vari ospedali inglesi e l'ha suddiviso in due gruppi: chi aveva già avuto la covid e chi non l'aveva ancora contratta. I volontari sono stati seguiti da giugno a novembre 2020 e sottoposti ad esami periodici, un tampone ogni due settimane e un test sierologico al mese. In questi cinque mesi si sono verificate 44 possibili reinfezioni, nel 34% dei casi sintomatiche, tra i 6.614 soggetti che erano già guariti una volta dalla malattia; tra i 14.173 che non avevano ancora incontrato il virus, le nuove infezioni sono state 409, nel 79% dei casi sintomatiche.
protetti per un po'. Ma gli altri? Si parla di reinfezioni potenziali perché per confermare che siano in effetti avvenute occorrerebbero due profili genetici distinti dei virus che nelle due circostanze hanno infettato l'organismo, e nello studio queste informazioni spesso non erano disponibili. La protezione offerta da una precedente guarigione è elevata: equivale a un "vaccino" naturale con un'efficacia dell'83%. Inoltre, se si guarda solamente alle forme sintomatiche della malattia, la protezione offerta da una precedente infezione è anche superiore: per alcuni mesi è di oltre il 90% (una copertura paragonabile a quella dei vaccini a mRNA di Pfizer e Moderna).
I ricercatori hanno però anche osservato che alcune persone già protette dagli anticorpi conquistati con la prima infezione, avevano di nuovo contratto il virus in forma asintomatica, e ne ospitavano alte quantità nelle vie aeree superiori: poiché è infrequente, ma non impossibile contrarre di nuovo il virus senza accorgersene, i guariti potrebbero trasmetterlo ad altri, che ancora non hanno difese contro la malattia. Ecco perché in questo momento nessuno - neanche tra guariti e vaccinati - può permettersi di rinunciare a distanziamento e mascherine.
Come impiegare queste informazioni? Al momento non è possibile intuire dai dati chi sia maggiormente a rischio di una seconda infezione. Né si capisce se quanto appurato valga anche per i pazienti più avanti con gli anni, che hanno un sistema immunitario meno efficiente: i partecipanti allo studio erano soprattutto under 60. Inoltre, molti erano rimasti contagiati nella prima ondata, e ora si troverebbero ben al di fuori dei cinque mesi di protezione offerti. Ma questa seppur temporanea immunità potrebbe essere sfruttata nelle campagne vaccinali: anche in Italia si inizia a proporre di vaccinare prima chi sa (o presume) di non aver mai avuto la covid, e in seconda battuta chi è sicuro di averla già avuta.
una corsa contro il tempo. Questo permetterebbe di usare le poche dosi di vaccini al momento disponibili sulla popolazione attualmente più esposta risparmiando - per il momento - circa 4 milioni di dosi (quelle degli italiani guariti). Si potrebbe così sperare di raggiungere più in fretta l'immunità di gregge, evitando allo stesso tempo i fastidi di una riattivazione immunitaria in chi ha da poco sconfitto il virus.
Si tratta comunque di aggiustamenti in corsa, finora lasciati da parte per una ragione semplice: l'AIFA non evidenzia controindicazioni al vaccino per chi ha già contratto l'infezione, e per il momento si è data la priorità a una vaccinazione in tempi rapidi. Sottoporre ogni cittadino a un sierologico per capire se ha già avuto la covid richiederebbe troppo tempo.