Stabilire con certezza la durata dell'immunità a un'infezione non è mai semplice; a maggior ragione non lo è per la covid, una malattia nuova e relativamente poco conosciuta. Per ora abbiamo motivo di credere che dopo un vaccino o un'infezione naturale, la protezione da nuovi incontri con il SARS-CoV-2 duri almeno qualche mese, forse un paio d'anni.
Ma per dare risposte più certe ci sono ancora nodi importanti da sciogliere, come quello della "longevità" degli anticorpi che prendono di mira la proteina spike del coronavirus, o ancora del ruolo dei linfociti B e T, cellule che concorrono a formare l'immunità alla covid e che nei primi mesi della pandemia sono state un po' sottovalutate. Una revisione pubblicata sul British Medical Journal fa il punto sulle informazioni che abbiamo sull'immunità alla covid.
Per quanto tempo rimangono in circolo gli anticorpi? Gli anticorpi prodotti contro il SARS-CoV-due sembrano durare per qualche mese nell'organismo, prima di iniziare a calare gradualmente. In base a uno studio su quasi 6.000 guariti da covid pubblicato a novembre 2020 su Immunity, gli anticorpi erano presenti nel sangue anche sette mesi dopo l'infezione, sia nei convalescenti da casi lievi, sia nei reduci da forme gravi (che però ne avevano in quantità maggiori).
Anche i vaccini anti-covid approvati stimolano un'importante produzione di anticorpi: i partecipanti al trial clinico del vaccino di Moderna avevano ancora elevati livelli di anticorpi contro il coronavirus a sei mesi dalla seconda dose, e chi ha ricevuto il vaccino di AstraZeneca aveva grandi quantità di anticorpi con "minimi cenni di declino" a tre mesi dalla prima iniezione.
Se gli anticorpi neutralizzanti sono naturalmente destinati a diminuire una volta passata l'infezione acuta, quelli polifunzionali - capaci sia di neutralizzare direttamente il virus, sia di assistere le cellule T nella distruzione delle cellule infette - sembrano restare più a lungo e costruire una protezione di lunga durata. Infine, recenti studi che hanno esaminato la quantità di anticorpi neutralizzanti prodotti in risposta ai vaccini e stimato i rispettivi tassi di calo, hanno concluso che, anche senza richiamo, i vaccinati dovrebbero essere protetti molto a lungo da covid in forma grave o letale, pur rimanendo suscettibili a infezioni lievi.
Quanto resistono le cellule B e T? I veri artefici della protezione di lunga durata contro le infezioni non sono tanto gli anticorpi quanto i linfociti B e T, alcuni componenti dei quali agiscono come cellule della memoria: restano nell'organismo per anni, persino per decenni, pronti a scatenare una nuova risposta immunitaria se si incontrasse di nuovo il virus.
Secondo alcuni studi sui guariti, anche se gli anticorpi calano nel tempo, le cellule B e T sono ancora presenti a otto mesi dalla guarigione.
Quello che sappiamo su malattie precedenti la covid è di buon auspicio. Nel 2008, uno studio pubblicato su Nature dimostrò che 32 persone nate nel 1915 o prima conservavano, a 90 anni di distanza, ancora una certa protezione immunitaria contro il ceppo di virus influenzale che aveva causato la Spagnola nel 1918. Nel 2020, un'analisi su pazienti reduci dalla SARS rivelò che queste persone avevano ancora certi tipi di cellule T dopo 17 anni dall'infezione. Oltretutto, alcune di esse reagivano bene al SARS-CoV-2, in una forma di immunità incrociata.
Quanto conta la resistenza di cellule B e T, se gli anticorpi col tempo calano? Possiamo contare solo su di esse per essere protetti? Una risposta non è ancora possibile.
Immunità naturale e immunità da vaccino: c'è differenza? La protezione immunitaria indotta dai vaccini è più omogenea e sicura: la maggior parte dei vaccinati sviluppa ottimi livelli di cellule immunitarie. L'immunità naturale è più soggettiva e legata alle caratteristiche del sistema immunitario e della gravità dell'infezione contratta. La vaccinazione "sigilla" e perfeziona l'immunità naturale sviluppata dai guariti, garantendo una protezione dalla covid che probabilmente dura per tutta la vita.
Come cambia l'immunità dopo la prima e dopo la seconda dose? La maggior parte degli studi finora ha preso in considerazione soltanto il livello di anticorpi nelle diverse fasi del ciclo vaccinale. Uno studio inglese su oltre 50.000 persone ha trovato che il 96,4% di esse aveva anticorpi anti-covid a un mese dalla prima di dose di Pfizer o AstraZeneca, e che il 99,1% di esse li aveva tra i sette e i 14 giorni dopo la seconda dose. Gli anticorpi salgono alle stelle dopo due settimane dalla seconda dose: a quel punto si è altamente coperti anche dalle varianti di coronavirus. La distanza temporale tra prima e seconda dose influenza la risposta anticorpale, ma potrebbe incoraggiare l'evoluzione di varianti più resistenti di SARS-CoV-2.
L'immunità ha effetto sulle reinfezioni? Decisamente sì: le reinfezioni nei guariti o nei completamente vaccinati sono rare, e quando si verificano lo fanno in forma lieve. Questo non significa che vaccinati e guariti non possano a loro volta trasmettere la covid a chi non ha avuto il vaccino.
Vaccini: occorrerà un richiamo? Probabilmente sì per le persone anziane (più a rischio e con un sistema immunitario meno reattivo) o immunodepresse.
I richiami potrebbero anche rendersi necessari, nei prossimi mesi, per contrastare le varianti emergenti del virus; anche se, per il momento, i vaccini approvati offrono un'ottima protezione anche dalle nuove versioni di SARS-CoV-2 - inclusa la Delta. La migliore difesa contro il virus in qualunque sua forma è... l'attacco: una rapida e omogenea campagna vaccinale, con l'adesione responsabile di tutti, sottrae al virus ospiti da infettare. E un virus che non circola perde la possibilità di mutare.