La radioterapia è uno strumento potente e necessario per neutralizzare le cellule tumorali, ma in alcuni casi finisce per danneggiare, insieme ai tessuti malati, anche quelli sani che li circondano. Ora un gruppo di ricercatori del Centro Nacional Investigaciones Oncológicas (Spagna) sembra aver trovato il modo di proteggere le cellule intestinali, particolarmente sensibili a complicanze di questo tipo. La scoperta, pubblicata su Science, potrebbe aiutare anche i reduci da incidenti nucleari, e gli astronauti alle prese con i danni delle radiazioni spaziali.
organo delicato. Nei pazienti sottoposti a radioterapia per tumore al fegato, del colon o del pancreas, le pareti intestinali possono risultare danneggiate dalle radiazioni ionizzanti usate per impedire la proliferazione delle cellule malate. In genere il danno si risolve con la fine delle cure, ma in alcuni casi le radiazioni ricevute dal tratto digerente possono indurre la morte delle cellule della mucosa dell'apparato digerente (sindrome gastrointestinale: una condizione spesso letale).
Scudo anti-radiazioni. Studi passati avevano evidenziato il ruolo protettivo, su cellule dell'intestino "coltivate" in laboratorio, di una proteina poco conosciuta, chiamata URI. Nel nuovo studio, i ricercatori hanno indagato il ruolo di URI in tre modelli animali. Hanno studiato topi con espressioni normali della proteina, altri in cui il gene che la codifica era stato messo fuori gioco (e quindi URI non veniva espressa) e infine topi in cui l'espressione di URI era stata potenziata.
Gli animali sono quindi stati esposti ad alte dosi di radiazioni. Il 70% dei roditori con livelli normali di URI è deceduto in conseguenza della sindrome gastrointestinale, sorte che è toccata a tutti i topi che non esprimevano la proteina. Al contrario, i roditori con alti livelli di URI sono sopravvissuti.
Mantello dell'invisibilità. La proteina URI è espressa da una popolazione dormiente di cellule staminali che permettono all'epitelio intestinale di rinnovarsi completamente in cicli settimanali. Quando la proteina viene espressa, queste cellule non proliferano: le radiazioni ionizzanti "non le vedono", ed esse vengono risparmiate. Rimangono lì nascoste, pronte a rinnovare la mucosa intestinale per quando ce ne sarà bisogno. Quando URI non viene espressa, queste cellule proliferano e vengono prese di mira dai trattamenti radioterapici. L'intestino rimasto senza "nuove leve" non è in grado di rinnovarsi e la mucosa, danneggiata dalle radiazioni, muore.
sulla terra e... fuori. Incoraggiare l'espressione di questa proteina potrebbe limitare questi specifici danni da terapia oncologica, o rendere possibili trattamenti più "potenti" limitando gli effetti collaterali. Prospettive interessanti si aprono anche per i pazienti reduci da incidenti nucleari, e per gli astronauti che si avventureranno all'esterno dell'atmosfera che protegge la Terra.