Il mondo non è ancora pronto per la prossima pandemia: a evidenziarlo sono i risultati del Global Health Security (GHS) Index 2021, un report che assegna un punteggio ai 195 Stati del mondo in base alla loro capacità di rispondere a epidemie e pandemie. Dal 2019, quando venne pubblicato il primo GHS Index, nulla è cambiato, anzi: da un punteggio di 40,2 su 100, la media globale è scesa a 38,9. Se o quando scoppierà una nuova pandemia, non saremo più pronti di quanto non lo siamo stati nel 2019, nonostante l'esperienza che dovremmo aver acquisito con la covid.
La classifica. Nella classifica stilata dal report, che ha preso in analisi diversi fattori, come il sistema sanitario, la logistica, le infrastrutture e la fiducia dei cittadini nel governo, l'Italia (qui i dati in dettaglio) si è piazzata al 41° posto a livello globale con 51,9 punti su 100, e circa a metà a livello europeo. In testa alla classifica mondiale gli Stati Uniti, con 75,9 punti, seguiti da Australia (71,1) e Finlandia (70,9). Fanalino di coda Somalia, Yemen e Corea del Nord, tutti e tre fermi a 16 punti.


«Com'è possibile che gli Stati Uniti siano al primo posto?», si domanda Ezekiel J. Emanuel, bioeticista all'Università della Pennsylvania, mettendo in dubbio la credibilità della classifica. Jennifer Nuzzo, uno degli autori del report, ci tiene però a precisare che «avere degli strumenti non significa utilizzarli», e che il report si limita a evidenziare le risorse a disposizione di ogni Paese, senza predire se queste verranno o meno sfruttate durante un'emergenza sanitaria.
Non solo sanità. Oltre alla necessità di mettere al primo posto la sicurezza sanitaria imparando dagli errori commessi, gli autori ricordano l'importanza di altri elementi, come la capacità di gestire l'impatto economico e sociale di una crisi sanitaria: «Non si tratta solo di essere preparati a una pandemia dal punto di vista sanitario, ma anche di saper gestire l'economia durante una crisi prolungata», conclude Nahid Bhadelia (CEID).