Uno studio rivela un nuovo possibile traguardo della genetica: procreare con le cellule della pelle che, opportunamente trasformate, diventano ovuli e spermatozoi. Non mancano le paure e i dilemmi etici.
(Andrea Porta, 17 aprile 2008).
Tra soli cinque anni, forse, potremo riprodurci con la pelle. L’inquietante immagine – in parte reminescenza del mito di Atena, la dea della sapienza venuta alla luce dalla testa di Zeus – è quella che emerge da uno studio condotto dagli scienziati americani riuniti sotto il nome Hinxton Group, un’istituzione di ricerca sulle cellule staminali.
Gli studiosi hanno infatti mostrato come sia teoricamente possibile sviluppare ovociti e spermatozoi “alterando” le normali cellule del corpo, in particolare quelle della cute. Inserendovi un gruppo di geni selezionati in precedenza, è tecnicamente possibile convertirle in cellule staminali pluripotenti (PSC) in grado di svilupparsi dando forma a qualsiasi tipo di tessuto corporeo.
Naturalmente la ricerca non manca di sollevare dubbi e perplessità: se da un lato questa possibilità tecnica permetterebbe alle coppie sterili di procreare, essa rende virtualmente possibile la “monogenitorialità”: una sola persona potrebbe cioè fornire ovocita e spermatozoo, diventando così contemporaneamente madre e padre.