È un “organo” transitorio, eppure cruciale: la placenta. Può variare moltissimo da donna a donna, e molti esperimenti per studiarla non sono considerati fattibili, perché ci sono di mezzo una donna incinta e un feto.
Per questo motivo ci si affida a ricerche su animali, oppure si cercano alternative come quella realizzata da un gruppo di ricercatori americani e sudcoreani. Gli scienziati hanno realizzato per la prima volta una “placenta su un chip”, un sistema di studio insieme naturale e artificiale già utilizzato per fare ricerca su diversi altri organi, dal cuore ai polmoni, dal fegato alla pelle.
Naturale e artificiale. La “piattaforma” consiste in pratica in una barriera semipermeabile tra uno strato di cellule materne prese da una vera placenta e uno di cellule fetali prelevate da campioni di cordone ombelicale.
La placenta sul chip è stata fabbricata con i metodi tipici della microelettronica: le cellule sono immerse in una soluzione che le tiene in vita ma nello stesso tempo possono essere osservate dai ricercatori “ad alta risoluzione”.
Passaggi di barriera. Il suo funzionamento è stato inizialmente testato con il glucosio, che è passato regolarmente dal lato materno a quello fetale, come nel trasferimento di nutrimento che avviene durante la gravidanza. Si tratta ora di migliorare il sistema e di studiare altri test che possano valutare in tempo reale il passaggio di sostanze dalla “madre” al “bambino”, per comprendere meglio la funzione di barriera della placenta, e perché in certi casi il sistema non lavora a dovere.