Una delle domande ancora in attesa di risposte sul nuovo coronavirus riguarda il numero apparentemente esiguo di contagi tra i bambini. Fino al 22 gennaio 2020, non si registravano casi nei minori di 15 anni. Da allora sono emerse alcune sporadiche notizie di giovani infettati per lo più da parenti stretti, a Pechino, a Shenzhen e in Germania; ed è di ieri la notizia di un neonato di Wuhan risultato positivo al nuovo coronavirus a sole 30 ore di vita (non è chiaro se per un contagio in utero o successivo alla nascita).
Assenti o inosservati? Si tratta comunque di casi sporadici. Da una revisione da poco pubblicata su JAMA emerge che la mediana (il valore che occupa il posto centrale) nell'età dei pazienti contagiati si colloca tra i 49 e i 56 anni. Secondo l'OMS, circa l'80% delle morti per il nuovo coronavirus è avvenuta su persone dai 60 anni in su. Che cosa protegge i più giovani? Sono realmente meno esposti, o c'è qualcosa che ci sfugge?
Come ha riferito al New York Times Malik Peiris, virologo capo dell'Università di Hong Kong che ha sviluppato un test diagnostico per il 2019-nCOV, i bambini vengono probabilmente infettati, ma mostrano sintomi più lievi; e potrebbero mancare dati a sufficienza sui casi meno gravi dell'infezione. A proposito di dati, la maggior parte di quelli ospedalieri proviene da reparti per adulti, dove si registrano le conseguenze più serie, e non da quelli di pediatria. Con l'affinarsi dei test per la diagnosi il numero di bambini contagiati potrebbe rivelarsi maggiore.
Scudo protettivo. I bambini potrebbero avere avuto minori occasioni di esposizione diretta al patogeno: non sono molti quelli che abitualmente frequentano il mercato di animali vivi di Wuhan, dove si pensa possa essere avvenuto il passaggio del virus all'uomo. Ma potrebbero anche essere protetti dai comportamenti tenuti dagli adulti: è più facile che gli adulti si lavino spesso le mani, starnutiscano nel gomito o indossino la mascherina, comportamenti che i bambini fanno più fatica ad osservare in modo costante. Da quando si conosce il rischio di contagio, gli adulti potrebbero aver creato una sorta di barriera protettiva attorno ai più piccoli, grazie a questi accorgimenti.
Precedenti storici. Il corpo dei bambini potrebbe essere in grado di rispondere meglio all'infezione perché fornito di un sistema immunitario più reattivo - una caratteristica che va affievolendosi dopo i 50 anni. In passato, i bambini sono sembrati protetti anche da altri coronavirus.
Durante l'epidemia di SARS che dal 2002 al 2003 interessò oltre 8000 persone, uccidendone 774, furono soltanto 80 i casi di contagio certificati tra i bambini, e 55 quelli sospetti. Nessun bambino o adolescente morì per la SARS, e solamente uno trasmise il virus a un'altra persona. Durante le epidemie di MERS (un'altra infezione da coronavirus) in Arabia Saudita nel 2012 e in Corea del Sud nel 2015, la maggior parte dei bambini contagiati non sviluppò mai sintomi.
meglio così. Qualunque sia la ragione, l'apparente protezione della popolazione pediatrica è un'ottima notizia per tutti. Intanto, perché i bambini sotto i 5 anni corrono un rischio maggiore di sviluppare complicanze respiratorie da malattie virali (come l'influenza). E soprattutto, perché i più piccoli diffondono i patogeni molto più facilmente, attraverso i contatti stretti con gli adulti o con i coetanei.