È iniziata la campagna vaccinale contro la poliomielite a Gaza: dovranno essere raggiunti almeno 640.000 bambini al di sotto dei dieci anni per garantire una copertura totale del 95%. È la più grande iniziativa sanitaria avviata nella Striscia dopo l'inizio della guerra, ormai 11 mesi fa, e l'Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi l'ha già definita "una delle più complesse al mondo". La situazione nell'enclave è altamente instabile e precaria a causa dei continui bombardamenti e dei danni già provocati dal conflitto a edifici e infrastrutture. Ma a Gaza non si parlava di polio da 25 anni: come mai è ricomparsa? E quali altri paesi sono a rischio?
Come si trasmette la poliomielite
La poliomielite è una malattia infettiva provocata da virus che appartengono al genere degli Enterovirus. Sono patogeni piuttosto aggressivi che nel giro di poche ore attaccano il sistema nervoso centrale e in un caso ogni 200 contagi causano una paralisi irreversibile delle gambe o delle braccia. In circa l'1% dei pazienti vengono colpiti anche i muscoli dell'apparato respiratorio, determinando quindi l'esito fatale dell'infezione.
La poliomielite si trasmette attraverso l'acqua contaminata dalle feci, alimenti che sono entrati in contatto con quell'acqua, indumenti infetti e goccioline di saliva. La sua diffusione è inoltre facilitata dalla difficoltà di diagnosticarla in assenza di test specifici: i sintomi iniziali sono assimilabili a quelli dell'influenza.
Perché a Gaza è ricomparsa la poliomielite
Oggi a Gaza 1,9 milioni di persone risultano sfollate, su una popolazione totale di 2 milioni. Alloggiano in rifugi di fortuna e in campi profughi sovraffollati. Ogni città della Striscia è stata infatti interessata dai bombardamenti e i civili sono stati costretti all'evacuazione, ritrovandosi con sempre meno spazio in cui muoversi.
La rete per lo smaltimento dei rifiuti e delle acque reflue è ormai del tutto mancante, così come le riserve di acqua potabile. Per lavarsi si ricorre spesso alle fonti naturali, come il mare, e per bere capita di riutilizzare la stessa acqua con cui sono state lavate le stoviglie. Già a luglio il Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia, cioè l'Unicef, aveva segnalato la presenza dei virus della poliomielite nelle fognature e il 23 agosto era stato confermato il primo contagio grazie alle analisi di un laboratorio in Giordania: un bambino di 11 mesi rimasto paralizzato. Ma il rischio è che sia solo la punta dell'iceberg.
Come i conflitti facilitano il diffondersi delle epidemie
Non è una novità che i conflitti facilitino la diffusione delle epidemie. La situazione igienica precaria e la mancanza di acqua potabile e cibo sicuro favoriscono la circolazione di virus e batteri.
Ma non solo. Guerra significa anche uno stop alle campagne vaccinali: a Gaza, dopo l'inizio del conflitto, la copertura vaccinale antipolio è scesa all'86%. Si stima inoltre che il 40% dei bambini non vaccinati, o che senza tutte le dosi necessarie, si trovi in territori dove ci sono violenze in corso.
La rete sanitaria risulta per forza di cose sovraccarica. O, come in questo caso, gravemente danneggiata e indebolita. Due terzi dei 36 ospedali della Striscia sono stati distrutti, così come il 60% delle strutture sanitarie primarie e degli altri avamposti igienico-sanitari. Sono inoltre già 500 gli operatori sanitari rimasti uccisi. I pochi ospedali ancora in piedi sono a corto di personale, di attrezzature e di farmaci, che vengono bloccati al confine dai controlli dell'esercito israeliano.
La paura che il virus si diffonda
La poliomielite risulta debellata in cinque delle sei regioni dell'Organizzazione mondiale della sanità. Nel 2020 era stato celebrato come un grande successo l'eradicazione dell'infezione in tutta l'Africa. Ormai, i virus rimangono endemici solo in due paesi del mondo: Pakistan e Afghanistan. La polio sembrava insomma avviata lungo la stessa strada del vaiolo, fino a quando il nuovo caso a Gaza ha fatto riemergere i timori di una nuova epidemia.
I paesi più a rischio sono Egitto e Israele, entrambi confinanti con l'enclave palestinese. Il governo israeliano ha già distribuito dosi di vaccino ai soldati impegnati nel conflitto, ma senza renderlo obbligatorio. Nel paese si registra da sempre una grande resistenza alla vaccinazione da parte della popolazione ultraortodossa e tuttora circa 175.000 bambini non risultano immunizzati contro la poliomielite. Una situazione che favorisce la diffusione dei contagi.
Non è quindi un caso che la campagna vaccinale di massa sia stata organizzata nell'arco di pochi giorni e che Israele abbia garantito le "pause umanitarie" per permettere la somministrazione del farmaco.
Come viene condotta la campagna vaccinale
La campagna di vaccinazione di massa è iniziata ufficialmente domenica 1° settembre nell'area centrale di Gaza. Nei prossimi giorni proseguirà nel sud della Striscia e terminerà con il nord, per poi ricominciare a distanza di quattro settimane con la somministrazione del richiamo. Viene coordinata dall'Organizzazione mondiale della sanità, con la collaborazione del Ministero della Salute palestinese e di altre agenzie Onu. Già 1,2 milioni di dosi sono state inviate nell'enclave palestinese e altre 400.000 sono in arrivo. Nel frattempo sono stati coinvolti e formati oltre 2.180 operatori sanitari, quasi tutti locali: la maggior parte delle organizzazioni internazionali ha ritirato i propri lavoratori a causa dei rischi per la loro sicurezza.
Il farmaco utilizzato è il nuovo vaccino orale antipolio di tipo 2 (nOPV2) che può essere somministrato oralmente, semplificando in questo modo le operazioni. I punti di vaccinazione sono stati organizzati nelle poche strutture rimaste in piedi, ma soprattutto negli ospedali da campo, negli ambulatori mobili e nei rifugi. Allo stesso tempo, è stata organizzata una campagna di sensibilizzazione nei luoghi in cui le persone si riuniscono comunemente per informare sull'importanza della vaccinazione.
Le difficoltà di organizzare una campagna vaccinale a Gaza
Oltre alla carenza di strutture sanitarie, nella Striscia di Gaza oggi è sempre più complicato spostarsi anche di pochi metri. Le strade sono fortemente danneggiate e il trasporto dei farmaci è ulteriormente limitato dalla carenza di carburante, un altro bene il cui ingresso viene monitorato dall'esercito israeliano. Anche la precarietà nella forniture di corrente elettrica potrebbe minare la campagna: affinché i vaccini risultino sicuri ed efficaci, è essenziale il mantenimento della catena del freddo. Le autorità palestinesi hanno già ricevuto le celle frigorifere necessarie per conservare i farmaci tra i -15°C e i -25°C, ma dovrà essere garantito anche il loro costante funzionamento.
Per la popolazione potrebbe non essere scontato raggiungere i punti di somministrazione, dovendo in alcuni casi attraversare zone non sicure. Inoltre, circola la sfiducia nei confronti delle promesse del governo di Israele e c'è chi teme che le "pause umanitarie" non vengano rispettate. Va detto che le prime due giornate si sono concluse senza intoppi e con una buona adesione.
La sospensione delle operazioni militari
Israele si è impegnato a sospendere le operazioni militari nell'area centrale di Gaza per tre giorni consecutivi, dalle 6:00 alle 15:00, mentre Hamas ha promesso di cooperare. Entrambe le parti, inoltre, hanno garantito di procedere allo stesso modo durante tutte le fasi della campagna vaccinale, compreso il richiamo, per consentire agli operatori e alla popolazione di muoversi in sicurezza.
Non solo poliomielite
Secondo Edward Carins, Senior Operations Manager dell'organizzazione di aiuti umanitari Mercy Corps a Ramallah, la capitale della Palestina, Gaza è una «piastra di Petri bollente». Il riferimento è al recipiente utilizzato nei laboratori per le culture batteriche. «Le vaccinazioni avrebbero dovuto essere consentite molto prima», ha aggiunto Carins.
Le condizioni igieniche precarie e il sistema immunitario fortemente indebolito dalla fame stanno favorendo la circolazione di diversi patogeni, soprattutto tra i bambini più piccoli. Si contano già epidemie di infezioni respiratorie e di diarrea e si teme per l'insorgenza del colera.
«Siamo chiari: il vaccino definitivo per la poliomielite è la pace e un cessate il fuoco umanitario immediato.
Ma in ogni caso, una pausa dalla poliomielite è d'obbligo», ha dichiarato António Guterres, Segretario generale delle Nazioni Unite.