Roma, 14 mag. (AdnKronos Salute) - Servono circa tre anni, 1.070 giorni, perché un farmaco anti-cancro sia disponibile per i pazienti italiani. In particolare, sono richiesti 400 giorni per l’approvazione da parte dell’agenzia regolatoria europea e circa 570 per l'ok di quella nazionale, l'Aifa. C'è poi una terza fase, regionale, che prevede l’inserimento del farmaco nel Prontuario terapeutico ospedaliero regionale (Ptor). Con molte differenze sul territorio: in media passano 100 giorni, ma si va dai 170 in Calabria ai 40 in Umbria. E' la fotografia scattata dall’indagine promossa da Aiom (Associazione italiana di oncologica medica), Favo (Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia), e Fondazione Censis, contenuta nel VII Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, presentato oggi al Senato.
"Nelle Regioni che non hanno il Prontuario terapeutico ospedaliero i farmaci innovativi sono disponibili in maniera più tempestiva - spiega Francesco De Lorenzo, presidente Favo - Il lavoro svolto dalle Commissioni regionali, locali e aziendali, che ovviamente non aggiungono valutazioni scientifiche aggiuntive rispetto a Ema e Aifa, porta a un razionamento dei farmaci effettivamente disponibili per i cittadini. E si determinano così inaccettabili disparità tra Regione e Regione, negando, dove ciò avviene, il diritto di tutti i malati ad avere accesso in tempo utile ai nuovi farmaci autorizzati".
L’indagine è stata condotta a livello nazionale e in un campione di 10 Regioni (Abruzzo, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Lombardia, Sicilia, Toscana, Umbria e Veneto), prendendo in considerazione un set di 16 farmaci oncologici (nuove autorizzazioni al commercio o estensioni di indicazioni) che hanno completato l’iter autorizzativo negli ultimi 2 anni e sono ora in commercio.
"In molti casi - continua - i ritardi sono causati dalla cadenza temporale delle riunioni delle Commissioni tecnico-scientifiche regionali, che spesso avvengono con scarsa frequenza, anche dopo 2 anni. Inoltre, spesso durante l’iter, il passaggio dall’Aifa ai singoli Ptor porta addirittura a un taglio delle indicazioni terapeutiche, con l’effetto di negare il diritto alla cura ad alcuni pazienti".