Il genoma delle muffe che permisero a Fleming la scoperta della penicillina è stato per la prima volta sequenziato e confrontato con il DNA di due ceppi "moderni" di Penicillium, impiegati per la produzione industriale di antibiotici. Dalla comparazione di queste sequenze genetiche, pubblicata su Scientific Reports, potrebbero emergere spunti interessanti per combattere l'antibiotico-resistenza, una delle principali minacce alla salute globale.
Un episodio ormai leggendario. Nel 1928, nel corso di alcuni studi sull'influenza presso la St Mary's Hospital Medical School, oggi parte dell'Imperial College London, il medico scozzese Alexander Fleming si accorse che una muffa si era accidentalmente sviluppata su una piastra di Petri che ospitava una coltura di staffilococchi. Attorno alla muffa era evidente un'area libera dai batteri. Da queste osservazioni Fleming dedusse che la muffa, un fungo del genere Penicillium, produceva una qualche sostanza dal potere battericida che chiamò penicillina. Grazie al successivo lavoro del patologo australiano Howard Walter Florey e del biochimico di origine russa Ernst Boris Chain, nei primi anni '40, la sostanza fu purificata e resa disponibile come antibiotico, una scoperta che avrebbe rivoluzionato la storia della medicina e ridotto la perdita di vite umane durante la Seconda Guerra Mondiale.
una muffa vale l'altra? Non proprio... Ora un gruppo di scienziati dell'Imperial College London, del Centre for Agriculture and Biosciences International (CABI) e dell'Università di Oxford hanno estratto e sequenziato il DNA di una delle muffe originali di Fleming congelata viva decenni fa e conservata in una delle collezioni del CABI. Il codice genetico della muffa "capostipite" è stato confrontato con quello di due ceppi di Penicillium usati negli USA per produrre antibiotici su scala industriale. Se infatti la penicillina di Fleming (prodotta dal fungo Penicillium notatum) aveva una resa piuttosto bassa, perché di sviluppo lento e instabile, la scoperta negli USA di una muffa del melone capace di produrre sostanze antibiotiche in abbondanza (il fungo Penicillium chrysogenum) diede una svolta alla produzione di penicillina su larga scala.
Differenze geografiche. Gli scienziati hanno studiato i geni che codificano per gli enzimi che questi funghi sfruttano per produrre penicillina e i geni che regolano l'attività di questi enzimi, per esempio controllando quanti enzimi-produttori vengono codificati. Anche se i geni regolatori erano identici in tutte le muffe, in quelle statunitensi ne sono state trovate più copie, probilmente una spinta a produrre più penicillina. Dalle analisi è anche emerso che le muffe inglesi e statunitensi si erano naturalmente evolute per sviluppare versioni lievemente diverse degli enzimi che producono l'antibiotico, forse per meglio adattarsi ai patogeni locali.
Sappiamo che i batteri evolvono continuamente nuove difese per sfuggire all'azione degli antibiotici: è il problema tanto discusso dell'antibiotico-resistenza. Secondo gli autori della ricerca, la scoperta di diversi enzimi codificanti potrebbe far pensare a soluzioni per modificare la produzione di penicillina e contrastare la resistenza dei patogeni agli antibiotici. Finora i progressi nella produzione industriale di penicillina si erano concentrati sulla quantità di sostanza prodotta, ma forse si potrebbe investire nell'ottimizzazione della struttura chimica dell'antibiotico, imparando dai mutamenti naturali sviluppati in risposta alla resistenza dei microrganismi.