Roma, 28 ott. (AdnKronos Salute) - Sono circa un milione gli italiani che si dichiarano omosessuali o bisessuali, a cui si aggiungono altri 2 milioni che hanno sperimentato attrazione o rapporti sessuali con persone dello stesso sesso. In maggioranza si tratta di giovani e giovanissimi, perché i primi segni di un diverso orientamento di genere compaiono prima dei 18 anni nell'80% dei casi. Ma 'gender' per i genitori italiani è ancora oggi non una parolaccia, ma quasi. Così, anche se il 46% delle mamme e papà si rende conto che i figli attraversano l'adolescenza con evidenti incertezze, conflittualità e dubbi di orientamento sessuale più o meno marcati, uno su tre non sa come affrontarli e vive nella paura. Un quadro che emerge dai dati di un'indagine dell'Osservatorio nazionale sulla salute dell'infanzia e dell'adolescenza (Paidòss).
Anche se uno su due ammette che il mancato dialogo su questo tema possa compromettere una crescita armoniosa dei ragazzi, il 59% pensa che le discussioni sul gender possano disgregare la famiglia intesa in senso tradizionale, ritenuta tuttora l'unica accettabile da oltre un genitore su due.
La ricerca è stata presentata in occasione del 3° Forum della Società italiana medici pediatri (Simpe), a Stresa dal 27 al 29 ottobre, condotta per cercare di capire se e come i genitori stiano comprendendo i grandi cambiamenti avvenuti nella famiglia negli ultimi anni. Scoprendo che se due genitori su tre ritengono ormai assimilabili alle famiglie tradizionali le coppie di fatto, e uno su due considera la trasformazione dei modelli familiari sempre più presente e ineludibile nella società attuale, tuttora il 54% pensa che l'unica famiglia possibile sia quella fra uomo e donna e il 52% è contrario alla fecondazione eterologa. L'indagine è stata condotta da Datanalysis intervistando 1.000 genitori di adolescenti dai 12 ai 16 anni, rappresentativi della popolazione generale.
"L'identità di genere maschile e femminile è al centro di molti dibattiti educativi - spiega Giuseppe Mele, presidente Paidòss - I nostri dati per la prima volta cercano di fare luce su ciò che pensano i genitori e dimostrano che nelle case degli italiani c'è soprattutto confusione, paura e ignoranza su questi temi. Eppure educare alla differenza e trasformarla in risorsa è fondamentale in ogni percorso di educazione affettiva e sessuale: oggi un milione di italiani si dichiara omosessuale o bisessuale, altri due milioni di persone hanno avuto esperienze sessuali o attrazione per persone dello stesso sesso".
I primi segni di un diverso orientamento di genere - aggiunge Mele - si manifestano nell'80% dei casi prima dei 18 anni e sono moltissimi i ragazzi che devono affrontare dubbi e incertezze durante il difficile periodi dell'adolescenza: i genitori se ne rendono confusamente conto, ma sembrano incapaci di affrontare il tema con consapevolezza e con un obiettivo educativo.
Al Nord del Paese l'apertura verso forme di genitorialità e di famiglia diverse è maggiore, ma ovunque c'è disorientamento, insicurezza e poca conoscenza del problema".
"C'è anche un 20% che non sa come il figlio stia gestendo il mutamento dall'infanzia all'età adulta, segno dello spaesamento di fronte a ragazzi che vivono in un mondo molto diverso da quello dei loro genitori - dice Mele - e appena uno su cinque cerca e trova un dialogo coi figli su questi temi". Ancora: "Il counseling di sostegno alle famiglie con adolescenti omosessuali è ritenuto utile per educare alle differenze solo dal 15% di mamme e papà, e il 54% ritiene invece un valido sostegno al disagio adolescenziale la Rete e i social, pur con le dovute cautele. Tutti questi dati tracciano il ritratto di genitori che percepiscono confusamente il disagio, ma non sanno farsene carico e oscillano fra la negazione della realtà e la ricerca di soluzioni più o meno facili".
"Per questo - spiega il presidente Paidoss - abbiamo intitolato il nostro Forum 'GenDerazione X-Cronache da famiglie sotto assedio': la famiglia tradizionale, così come l'abbiamo vissuta per decenni, è una realtà in trasformazione continua e sempre più spesso i pediatri si trovano di fronte a sistemi familiari inediti, frutto di un cambiamento culturale inarrestabile di cui dobbiamo prendere coscienza per accompagnarlo e sostenerlo, riconoscendo la diversità e le tematiche gender indipendentemente dal giudizio personale che ognuno può avere sull'argomento. Dobbiamo essere alleati delle famiglie a prescindere dalla loro composizione, se vogliamo il bene dei bambini, imparando a capire che è il tessuto affettivo a fare la differenza, più che la diversità di genere. Equilibri che sono difficili, specialmente se la società non si dimostra pronta ad accogliere questi nuovi modelli di famiglia. Ma come pediatri possiamo fare molto per facilitare questo passaggio culturale".