Abbiamo vaccini che proteggono dalla CoViD-19 e tecnologie sufficienti a produrli su larga scala, ma facciamo ancora i conti con una carenza cronica di dosi. In attesa che gli eventi e il buon senso spingano a considerare i vaccini anti-covid un bene comune globale, e ad adottare strumenti legislativi che ne liberalizzino la produzione, possiamo intervenire sulle dinamiche attuali di distribuzione.
Come ricordato di recente dall'OMS, più di tre quarti delle dosi di vaccini disponibili sono state finora distribuite in 10 Paesi soltanto, mentre ci sono ancora poco meno di 130 nazioni, complessivamente abitate da 2,5 miliardi di persone, che non hanno ancora ricevuto una singola dose.
Egoismo cieco. In un momento in cui le dosi di vaccini sono scarse, erogate a singhiozzo e contese, molti Paesi ne hanno prenotate quantità sufficienti a coprire più volte la loro intera popolazione. Proprio come abbiamo fatto con lievito, farina e carta igienica nel primo lockdown, siamo passati per primi a svuotare i banconi, riempiendo le nostre dispense di razioni che non utilizziamo e lasciando gli scaffali vuoti per chi era in coda dopo di noi.
Come ha spiegato Nancy S. Jecker, professoressa di Bioetica della Scuola di Medicina dell'Università di Washington alla versione statunitense di Wired, «le previsioni attuali mostrano che proseguendo con questo ritmo, non ci saranno abbastanza vaccini per coprire l'intera popolazione mondiale fino al 2023 o il 2024».
equità E salute. I Paesi ricchi rinunceranno alle scorte in eccesso per contribuire all'immunizzazione globale? Che chiunque nel mondo abbia il diritto di ricevere un vaccino salvavita è prima di tutto una questione etica, di giustizia globale. Ma contro la tendenza ai nazionalismi pesano anche altre ragioni.
Proseguendo come è stato finora, l'iniqua distribuzione dei vaccini finirà per prolungare la pandemia, fornirà al virus zone franche in cui circolare e alle varianti un'occasione per evolvere ulteriore resistenza agli anticorpi. Deprimerà ulteriormente scambi economici e flussi di persone. Il virus - dovremmo averlo imparato - non conosce confini: queste conseguenze ci riguarderanno tutti, e la soluzione a una pandemia globale non può passare per questi particolarismi.
Unire le forze. Proprio per sanare questi disequilibri, la scorsa primavera è nata COVAX (COVID-19 Vaccine Global Access), un'iniziativa coordinata da OMS, UNICEF e due organizzazioni no-profit, la Coalition for Epidemic Preparedness Innovations e l'Alleanza per i vaccini Gavi. L'obiettivo del progetto è favorire lo sviluppo e la produzione di vaccini e fornire agli Stati che aderiscono all'iniziativa l'accesso ad essi, indipendentemente dal loro potere d'acquisto.
Come spiegato sul sito dell'UNICEF, «COVAX negozia un prezzo per ciascun vaccino con i vari produttori di vaccini. Mentre i Paesi ricchi pagano il prezzo pieno negoziato, quelli più poveri sono tenuti a versare soltanto un contributo finanziario. I Paesi più ricchi pagano per l'accesso alla gamma dei vaccini COVAX. Inoltre, ci sono Paesi, come la Germania, la Francia e la Spagna, che non ordinano vaccini tramite COVAX, ma sostengono finanziariamente l'approvvigionamento per altri Paesi».
A che punto siamo. COVAX punta a vaccinare contro la covid circa il 20% della popolazione mondiale, a cominciare dalle aree più difficili da raggiungere di Africa, Asia e America Latina. Per farlo dovrà raccogliere altri 4,9 miliardi di dollari in finanziamenti oltre ai 2,1 miliardi messi insieme finora.
L'accumulo di scorte non è l'unico problema con il quale si deve scontrare: i vaccini più economici e semplici da trasportare, come quello di Janssen o AstraZeneca, sono stati anche i più lenti ad essere approvati, e ne sono stati prenotati in quantità ingenti anche dai Paesi che avrebbero le strutture per conservare i più fragili e costosi Pfizer e Moderna. Intanto, nei Paesi ricchi c'è chi rifiuta l'offerta di vaccini non a mRNA ritenendoli prodotti di serie B, non altrettanto efficaci, e dimenticando che si tratta di presidi salvavita.
Inoltre, diversi Paesi che partecipano a COVAX stanno anche negoziando separatamente l'acquisto di dosi per il proprio territorio, e questo ostacola le trattative di prezzi più equi da parte dell'iniziativa.