Salute

Oms 2019: virus e altri pericoli per la salute globale

Nella lista stilata dall'Organizzazione mondiale della sanità: pericoli noti, come la resistenza dei batteri agli antibiotici e l'inquinamento, e nuovi temi, come la diffidenza verso i vaccini.

L’Organizzazione mondiale della Sanità ha appena stilato un elenco delle minacce più gravi, per il futuro imminente, alla salute degli abitanti del pianeta. Fra pericoli noti e altri che, all’apparenza, non sembrano riguardarci nel nostro angolo privilegiato di mondo, c’è una new entry da tempo al centro dell’attenzione anche da noi: l’esitazione verso le vaccinazioni. Ecco una sintesi del documento dell'Oms.

L’inquinamento dell’aria e i cambiamenti climatici.

Per l'Oms, l'inquinamento dell'aria che respiriamo è la più grave minaccia ambientale alla salute. Non a caso, se si considera un dato impressionante: 9 persone su 10 respirano ogni giorno aria con livelli di inquinamento considerati critici. Ormai è assodato che gli inquinanti microscopici, penetrando nelle vie respiratorie e nel sistema circolatorio, provocano danni diffusi all’organismo.

La stima è che 7 milioni di persone (e probabilmente anche di più)
muoiano prematuramente ogni anno per malattie causate dall’esposizione agli inquinanti atmosferici: dal cancro all'infarto e all’ictus. Nonostante la stragrande maggioranza di queste morti sia nei Paesi in via di sviluppo, anche quelli industrializzati non sono risparmiati. In Europa, l’Italia ha il record negativo delle morti stimate dovute all’inquinamento: circa novantamila l’anno.

L’Oms include anche i cambiamenti climatici tra i pericoli per la salute provocati dall’inquinamento dell’aria (in questo caso attraverso l’aumento dei gas serra in atmosfera), con 250.000 morti in più all’anno attesi tra il 2030 e il 2050 a causa di malnutrizione, malaria, diarrea e ondate di calore. Avvertimenti di cui, nonostante i dati incontrovertibili sull’entità del fenomeno in atto, continuiamo a non tenere conto, un po’ come passeggeri che ballano sul ponte del Titanic.

mortalità, statistica
Per distrarsi un po'... Di che cosa si muore? Le patologie più letali (nel 2015). © Elab. Focus.it

I soliti Big Killer.

A provocare il "grosso delle morti" nel mondo sono malattie non trasmissibili, come il diabete, il cancro e le malattie di cuore, responsabili di oltre il 70 per cento dei decessi: 41 milioni di persone, di cui 15 milioni di morti premature (tra 30 e 69 anni). L’aumento di queste malattie è legato all’invecchiamento della popolazione, in particolare nei Paesi industrializzati, ma è anche dovuto in buona parte a fattori di rischio evitabili: fumo, inattività fisica, eccesso di alcol, alimentazione scorretta (e, ancora, inquinamento dell’aria). L’obiettivo primario di prevenzione su cui l’Oms si concentrerà nei prossimi anni è la riduzione della sedentarietà.

Pandemia di influenza.

Non sappiamo ancora quando colpirà, e quanto sarà grave, ma abbiamo la certezza che prima o poi capiterà di nuovo che il mondo debba fronteggiare una pandemia di influenza.

Le autorità sanitarie monitorano costantemente la circolazione dei virus influenzali e l’emergere di ceppi potenzialmente più pericolosi del solito, proprio perché è un evento atteso.

Come abbiamo imparato a nostre spese, la prontezza della reazione a un'ipotesi di pandemia è essenziale: nel 2009, l’anno della famigerata influenza suina, provocata da un virus del sottotipo H1N1 fino ad allora presente solo nei maiali (e che ormai circola regolarmente tra i normali virus influenzali), le "morti in eccesso", ossia in più rispetto alla casistica standard di una normale stagione influenzale, furono 300-400.000. Oggi il vaccino per questo virus è compreso nei vaccini per l'influenza stagionale.

virus, influenza
Le lezioni del passato: sette volte in cui l'influenza è stata letale. © Shutterstock

Crisi sanitarie e umanitarie.

Il fatto che abbiamo un Servizio sanitario nazionale improntato a principi di universalità ed equità (e di cui ricorrevano nel 2018 i 40 anni dall’istituzione) può far dimenticare che questo è un privilegio esistente in pochi Paesi del mondo.

Più di un miliardo di persone (il 22 per cento della popolazione mondiale) vive in Paesi dove manca del tutto l’accesso alle cure sanitarie di base.

E ci sono anche esempi disastrosi di come basti poco per perdere il terreno guadagnato: secondo uno studio appena pubblicato su Lancet Global Health, la crisi umanitaria in Venezuela ha vanificato i progressi ottenuti in vent’anni in termini di riduzione della mortalità infantile, interrompendo un trend positivo in corso da cinque decenni.

Resistenza agli antibiotici.

Gli antibiotici sono stati uno dei più grandi successi della medicina: è soprattutto grazie a questi farmaci, oltre che alle migliori condizioni di vita, se l’aspettativa di vita è cresciuta nel Ventesimo secolo dopo essere rimasta sostanzialmente stabile per gran parte della storia dell'umanità.

Il pericolo più che concreto, oggi, è che gli antibiotici, a causa dell’utilizzo sbagliato, smettano di essere efficaci, minacciando di riportarci a un’epoca - distante da noi pochi decenni - in cui la più banale infezione poteva rivelarsi letale. Oppure far diventare rischiosa una qualunque operazione di routine in ospedale. È un tema caldo da anni.

Anche in questo caso l’Italia detiene un primato negativo: è tra le nazioni europee dove si consumano più antibiotici e con il più alto numero stimato di morti per infezioni da batteri resistenti.

Nel 2017 l’Oms ha redatto la lista delle famiglie di batteri che rappresentano la minaccia più concreta, sollecitando maggiori investimenti nella ricerca di nuovi antibiotici.

Il gruppo più critico include batteri responsabili di infezioni che si possono contrarre in ospedale, ormai resistenti ad alcune classi di antibiotici una volta considerati salvavita, come i carbapenemi.

Un altro aspetto del problema è la resistenza ai farmaci contro la tubercolosi, di cui si ammalano ancora oggi 10 milioni di persone nel mondo. Nel 2017 si sono avuti 600.000 casi di malattia resistente alla rifampicina, considerato il farmaco di prima linea più efficace.

Ebola & Co.

Dopo la grande paura provocata dall'epidemia scoppiata nel 2013 in Africa Occidentale, dichiarata "conclusa" nel 2016, il virus Ebola è sparito dai radar globali dell'informazione, ma non ha per questo smesso di essere una minaccia incombente. Nel 2018, nella Repubblica Democratica del Congo sono scoppiate due diverse epidemie, ed entrambe hanno raggiunto città molto popolose.

Per questo l'Oms invita a fare piani per essere preparati a queste evenienze: se il virus colpisce in ambienti urbani densamente popolati, il rischio di una diffusione incontrollata della malattia è molto elevato. In aggiunta, oltre a Ebola, ci sono altri virus "sorvegliati speciali", che potrebbero dar luogo a emergenze sanitarie: virus di febbri emorragiche come Zika e Nipah, il coronavirus MERS-CoV, che provoca la cosiddetta sindrome respiratoria medio-orientale, il virus della SARS.

Virus Ebola
Ebola, le ricadute che non conosciamo: il caso di un'infermiera scozzese nuovamente malata dopo un'apparente guarigione riaccende il dibattito sugli effetti a lungo termine del virus, ancora poco conosciuti. Foto: ricostruzione grafica di virus Ebola. © Laguna Design/Science Photo Library/Corbis

La generale incertezza delle autorità sanitarie globali è infine rappresentata dal virus X, una fantomatica minaccia presa a modello per sottolineare la necessità di prepararsi alla comparsa di nuovi agenti patogeni capaci di diffondersi velocemente e trasformarsi in epidemie e pandemie.

Vaccini: la grande esitazione.

L'esitazione verso i vaccini, la riluttanza, quando non addirittura il rifiuto a vaccinare o farsi vaccinare, nonostante la disponibilità di vaccini sicuri e di provata efficacia, non è un fenomeno nostrano, come a volte sembrerebbe a giudicare dalle cronache. È invece un problema globale, diffuso in maniera trasversale e più o meno preoccupante in diversi Paesi industrializzati, dagli Stati Uniti all'Australia, passando per l'Europa.

È un paradosso difficilmente comprensibile: l'aspettativa di vita è cresciuta in molte parti del mondo anche grazie ai vaccini; malattie una volta molto diffuse, come la poliomelite (che nel 2016, nel mondo, ha fatto 6 milioni di morti in meno rispetto al 1990), sono state circoscritte e quasi del tutto debellate proprio grazie ai vaccini; in generale, si stima che i vaccini, oggi, siano in grado di evitare 2-3 milioni di morti l'anno. Eppure c'è chi li rifiuta.

Quello della cosiddetta esitanza vaccinale è un fenomeno complesso, cui contribuiscono fattori diversi.

Studi e agenzie sanitarie internazionali, tra cui la stessa Oms, attribuiscono alla perdita di fiducia nelle istituzioni in generale, e in quelle sanitarie in particolare, i motivi del calo delle coperture vaccinali. Al contrario di ciò che spesso si sente dire, il rifiuto non è invece correlato in modo significativo a una scarsa competenza scientifica né a una supposta, "crescente ignoranza": del resto, spesso gli antivax appartengono alle classi con più alta scolarizzazione e reddito.

Questi farmaci sembrano invece essere vittime del loro successo. Debellando malattie come la poliomielite o la difterite, hanno fatto "dimenticare" quanto fossero temibili, e allontanato la percezione delle conseguenze che un loro ritorno potrebbe provocare. Su come superare il problema non sono delineate grandi strategie: gli esperti suggeriscono di studiare i contesti specifici in cui l'esitazione o il timore verso i vaccini si sviluppa, e preparare di conseguenza le istituzioni e gli operatori sanitari ad affrontare i dubbi e le incertezze delle famiglie.

31 gennaio 2019 Chiara Palmerini
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