Ora che le Olimpiadi di Tokyo sono ufficialmente cominciate, possiamo aspettarci due generi di bollettini quotidiani: quello sulle medaglie e quello dei nuovi casi di covid nel villaggio olimpico. Per il momento sono 75 i contagi registrati tra le persone accreditate per le Olimpiadi, secondo il database ufficiale di Tokyo 2020 (che però non include chi è risultato positivo prima di partire per il Giappone).
Con la serrata campagna di screening prevista per atleti e personale, e considerando che la covid è spesso asintomatica, è normale che emergano casi anche tra persone sane, persino vaccinate. Ma in quali circostanze la positività alla covid rappresenta un problema effettivo?
La maglia dei controlli. Per i partecipanti alle Olimpiadi la vaccinazione non è obbligatoria - dalla nostra prospettiva privilegiata rischiamo di dimenticare che i vaccini sono ancora un lusso per pochi ricchi Paesi, e che i Giochi accolgono atleti di oltre 200 diverse nazionalità. Tuttavia, per ridurre il rischio di contagi è stato predisposto un livello di "filtri" composto da una serie di screening sempre più accurati: due test negativi entro 96 ore dalla partenza per il Giappone, un altro in aeroporto e poi test antigenici giornalieri per atleti, allenatori e giudici di gara. Quest'ultimo tipo di test è meno sensibile, ma più rapido ed economico, e permette di approfondire con un tampone vero e proprio in caso di esiti sospetti.
ci saranno altri casi. Quando si va sulle tracce del virus con un tale livello di attenzione - specialmente in un gruppo di persone giovani, di varie parti del mondo e che viaggiano spesso per lavoro - è inevitabile trovare casi positivi. Il SARS-CoV-2 circola ancora ampiamente, e con varianti più contagiose e resistenti agli anticorpi. I vaccini sono stati progettati per proteggere dalle infezioni sintomatiche e dai casi gravi, e alcuni di quelli meno conosciuti in Europa, come i cinesi Sinopharm e Sinovac, ricevuti da alcuni partecipanti alle Olimpiadi, hanno avuto un'efficacia inferiore alle aspettative.
Non sarà... troppo? I tamponi molecolari riescono a rintracciare anche le più piccole tracce di RNA virale e gli atleti positivi dovranno seguire una quarantena di 10 giorni, anche se completamente asintomatici. Per i loro contatti ravvicinati sono previsti l'isolamento o una partecipazione condizionata a diverse attenzioni, come mangiare da soli e allenarsi a una distanza di sicurezza. Ma dato che i positivi da vaccinati mostrano in genere una carica virale più bassa, alcuni esperti ritengono che non valga la pena testare gli asintomatici vaccinati con cadenza giornaliera.
Evitare eventi superdiffusori. I vaccinati potrebbero però trasmettere l'infezione ai non vaccinati, e in una situazione di stretta convivenza tra persone dallo status vaccinale incerto la prudenza è d'obbligo. Senza contare che solo il 15% della popolazione giapponese è attualmente immunizzato, e che un po' di attenzione in più alle Olimpiadi potrebbe scongiurare il proliferare di pericolose varianti.
Rimodulare (dopo i vaccini). L'esempio delle Olimpiadi è però utile per ripensare ai test del futuro: oggetto di discussione non è tanto la loro frequenza (meglio abbondare, se si può testare in modo economico), quanto come comportarsi in caso di positività. Per Zachary Binney, epidemiologo dell'Oxford College of Emory University intervistato dal New York Times, i vaccinati asintomatici andranno comunque isolati, ma i loro contatti ristretti potrebbero per esempio essere semplicemente monitorati, anziché messi in quarantena. Con la diffusione dei vaccini, potremo insomma pensare ad approcci di screening più flessibili.