Conosciamo poco, pochissimo l'olfatto. Stiamo imparando a capire quanto sia fondamentale solo ora con la la pandemia, che ha rubato odori e profumi a tantissimi contagiati dal SARS-CoV-2. Ci mancano però perfino gli strumenti per valutare a fondo questo senso: per esempio, non esiste una "mappa degli odori" codificata, che aiuti a diagnosticare i problemi di naso e non solo.
La mappa degli odori. «Per i colori c'è: di ogni sfumatura possiamo indicare e quantificare saturazione, tinta, percentuale dei colori che la compongono con estrema precisione, e questo serve non solo per capire come vediamo ma anche nell'industria e ovunque serva definire i colori», spiega Joel Mainland, neuroscienziato dell'Università della Pennsylvania (USA) che sta studiando come realizzare una mappa degli odori a partire dai dati (sterminati) raccolti dal Global Consortium of Chemosensory Research, nato lo scorso anno per studiare le alterazioni dell'olfatto nei pazienti con CoViD-19.
Le uniche mappe delle fragranze risalgono a metà anni '80, quando fu pubblicato un "atlante degli odori" basato sulle esperienze olfattive di un profumiere, e al 2016, quando la Rockefeller University statunitense ha pubblicato un altro atlante che definisce 480 molecole odorose per la loro intensità, piacevolezza, familiarità e appartenenza a 20 categorie come speziato, muschiato, floreale e così via.
La sfida. Un'inezia, rispetto ai milioni di essenze che sappiamo distinguere e alle innumerevoli sfumature odorose che il nostro naso può cogliere: per questo ora la sfida è costruire una mappa molto più dettagliata, grazie ai tanti studi sull'olfatto avviati a seguito della pandemia.