Negli anni '80 un'infermiera scozzese, Joy Milne, iniziò a percepire un cambiamento nell'odore naturale di suo marito, Les: la sua pelle ne emanava uno pungente, simile a muschio. Qualche anno dopo, a Les fu diagnosticata la malattia di Parkinson. Joy non associò i due eventi se non dopo qualche tempo, quando cominciò a frequentare un'associazione per malati e famiglie e ad entrare in contatto con altri pazienti, e ad avvertire su di loro lo stesso sentore.
Un olfatto infallibile. Nel 2012, Milne avvicinò un ricercatore a un convegno sul Parkison e gli riferì il suo sospetto: lo scienziato dell'Università di Edimburgo decise allora di testare con un esperimento questa singolare capacità. Sei pazienti con malattia di Parkinson e sei sani indossarono una T-shirt pulita per un giorno, e le magliette furono consegnate a Milne. La donna riuscì a identificare correttamente le sei magliette dei pazienti ammalati, ma ne individuò anche una nel gruppo di controllo. Un errore? No: tre mesi più tardi, al proprietario dell'indumento fu diagnosticato il Parkinson.
Milne l'aveva capito prima di qualunque diagnosi. Da allora, un gruppo di scienziati britannici ha lavorato per isolare le molecole che causano l'odore percepito dalla donna. Sembrano esserci riusciti: la loro scoperta, descritta sulla rivista scientifica ACS Central Science, potrebbe portare a nuovi strumenti di riconoscimento e di valutazione della progressione della malattia.
L'origine dell'odore. Il sebo è una sostanza oleosa secreta dalla pelle. Studi precedenti hanno stabilito che i pazienti colpiti dal Parkinson ne producono in eccesso, e l'ipotesi su cui si sono mossi gli scienziati è che, in queste persone, il sebo abbia una composizione specifica, associata alla malattia. Usando la spettrometria di massa per analizzare campioni di sebo dei pazienti, il team ha isolato diversi biomarcatori volatili associati al Parkinson: una sorta di "firma chimica" della condizione.
Una scala precisa. La ricerca è ancora preliminare, ma si pensa che dal livello di questi marcatori si possa intuire lo stadio di progressione della patologia: Milne ha infatti raccontato che l'odore del marito variava a seconda di come l'uomo rispondeva alle terapie. La speranza è che questo lavoro possa sfociare, tra qualche anno, non solo in un test diagnostico, ma anche in un metodo non invasivo per tracciare l'avanzamento della malattia. Les è morto nel 2015, ma l'esperienza sua e della moglie potrebbero migliorare la vita di milioni di pazienti in tutto il mondo.